A Firenze sfila il popolo no-cave

A Firenze sfila il popolo no-cave

Gli ambientalisti: in commissione stravolto pure il lodo Rossi. Martedì il voto.

Si è chiusa con una passeggiata fino a Palazzo Strozzi Sacrati, sede della giunta regionale, la manifestazione delle associazioni ambientaliste e dei comitati in difesa delle Alpi Apuane. Avvicinando i manifestanti il messaggio indirizzato alla Regione ha parlato una sola lingua: “Rivogliamo il piano del paesaggio originario, quello della Marson. Il Pd e Forza Italia lo stanno stravolgendo. Ma non si fa del bene né all’ambiente né all’occupazione”.

La mobilitazione ha contato in piazza Duomo un centinaio di persone provenienti da tutta la Toscana, ma non è passata inosservata alla folla dei turisti che assiepavano il centro. Piena com’è stata di bandiere colorate, cartelli con slogan improvvisati appesi al collo, fischietti assordanti. Complice la bella giornata di sole, la prima scenografia ha srotolato una lunga fila di lenzuoli, ciascuno riempito con una lettera, che ha composto la scritta nera su sfondo bianco “Salviamo Le Apuane”. Una grande lenzuolata di protesta, che ha occupato tutto l’ingresso alla piazza e ha attirato l’attenzione di molti curiosi.

Poi è scattato il flash mob. I manifestanti hanno creato due ali di folla ai lati di via Martelli lasciando la strada vuota al centro. Ed è nato una sorta di palcoscenico improvvisato che ha visto sfilare un gruppo di cinque-dieci-cento persone che cresceva firenze apuane 3nell’andare e venire camminando, fino a inglobare la folla che stava ai lati. Quasi tutti i manifestanti hanno portato con sé almeno un segno di riconoscimento dell’associazione, del comitato o partito politico di appartenenza. Tante le bandiere di Legambiente. sventolanti sullo sfondo del Duomo. C’erano le casacche gialle delle guide al Parco delle Apuane, il Club Alpino Italiano. I manifestini attaccati stile panni stesi del No Co2 Certaldo svolazzavano sopra le teste. E ancora. C’erano la bandiera della Lipu, gli attivisti di Italia Nostra, il Centro cultura La pietra di vento, gli Amici della Alpi Apuane, gli Amici della Terra, i comitati per l’acqua. E poi i partiti politici, alcuni di quali ai nastri di partenza per le regionali: Movimento 5 Stelle, Buongiorno Toscana e i Verdi, tutti ben attenti a capitalizzare un possibile consenso sulla scelta neo-cementificatoria della giunta regionale. Con un’appendice sindacale nell’Usb, i sindacati di base, e il movimento Per un’Altra Città. Tutti orgogliosi di mostrare in piazza la loro appartenenza e la loro indefessa contrarietà al piano paesaggistico che martedì prossimo il consiglio regionale si appresta a votare. «Per noi il piano è solo uno, quello di Anna Marson».

Samuele Bartolini – Il Tirreno 8.3.2015

Ultimo assalto alle Apuane

Limiti vaghi all’estrazione del marmo. La fase di transizione che si allunga di un anno. Il potere di controllo della Regione che si indebolisce. Soprattutto sul potere di esprimere la valutazione paesaggistica sull’attività di cava. Il grido degli ambientalisti è forte: «Giù le mani dalle Apuane». La Regione martedì porti in aula il piano del paesaggio che ha adottato a luglio e non quel pasticcio di norme che cambia, di ora in ora, «demolendo qualunque tutela prevista».

La protesta dei 5000
La voce si alza in piazza Duomo a Firenze. Ieri a manifestare non sono tanti. Un centinaio. Eppure, a provare a «salvare le Apuane» dallo sfruttamento selvaggio sembrano molti di più. In un paio di giorni, oltre cinquemila hanno sottoscritto la petizione contro la deregulation del marmo. Le associazioni ambientaliste (e non solo) che sostengono la battaglia – da Acquabenecomune di Pistoia al Cai, Fai, Italia Nostra, Legambiente, Wwf – erano 61 a ieri.

E perfino i dirigenti regionali che hanno messo mano al piano del paesaggio risulterebbero sul piede di guerra. Avrebbero perfino lasciato l’ultima riunione della commissione Ambiente e Territorio (quasi) sbattendo la porta. La ragione una sola: le modifiche che, senza grandi distinguo, maggioranza e opposizione apportano al testo modifica in modo radicale la normativa.

Cambia anche il lodo Rossi
In realtà, dall’ultima riunione sarebbe uscito modificato in modo sostanziale anche il cosiddetto “lodo Rossi”, l’emendamento-cuscinetto che avrebbe dovuto far trovare un accordo fra la posizione ambientalista di Anna Marson, assessore all’urbanistica, e quella più da “real-politik” del Pd. E anche di parte dell’ex Idv che si prepara a trasmigrare in una lista civica di sostegno al governatore Enrico Rossi. In particolare il lodo Rossi sarebbe stato peggiorato in due punti: non sarebbe più prevista la valutazione paesaggistica su tutte le pratiche legate all’attività di cava; dovrebbe durare 3 anni invece di 2 la fase transitoria in attesa dell’approvazione dei piani di bacino e piani attuativi che regolamenteranno le modalità di estrazione.

Aumentano i quantitativi senza limiti
In più c’è una disposizione che preoccupa gli ambientalisti per la sua vaghezza. Riguarda la riapertura delle cave dismesse: è possibile senza autorizzazione paesaggistica «fino al 30% delle quantità già autorizzate». Autorizzata quando? Non esiste alcun riferimento temporale. In pratica il 30% può essere riferito al marmo estratto dall’inizio dell’attività.

«Visto che ci sono cave che esistono da secoli – denuncia il geologo Mauro Chessa, presidente della Rete dei comitati per la difesa del territorio – ci troviamo di fronte alla possibilità di estrarre marmo, di fatto, quasi senza limiti. I cambiamenti che in questi giorni vengono apportati alla legge sul paesaggio disconosce tutti i vincoli imposti a luglio. E demolisce anche le tutele imposte dal Codice nazionale dei Beni culturali. Ecco perché è necessario bloccare questo testo e tornare a quello adottato dal consiglio regionale». Questa posizione – sottolinea Chessa – non è solo quella dei movimenti ambientalisti «ma perfino dei tecnici regionali che sugli emendamenti al piano del paesaggio sono arrivati alla rottura con i commissari».

Sono modifiche così radicali – insiste Eros Tetti, del movimento “Salviamo le Apuane” – «che gli emendamenti dovrebbero essere chiamati stravolgimenti. Mancano le norme per altezze sopra 1200 metri Addirittura – prosegue Tetti – sembra «che siano previsti anche ampliamenti di attività di cava (entro il limite del 30%) sopra i 1200 metri. Ma questo limite, secondo quanto annunciato da Rossi, avrebbe dovuto essere invalicabile. Che cosa accadrà prima della fine dell’esame del testo?».

Domani in commissione si discuterà proprio la questione dei beni tutelati per decreto, le aree protette dalla ex legge Galasso, inserite nel Parco delle Apuane. E quindi la battaglia ancora non è conclusa. Per quanto, gli articoli spinosi (compreso quello sulle Alpi Apuane) siano già stati licenziati. Non con l’assenso dell’assessore Marson. Che, però, ancora preferisce il “no comment”. Forse se dovrà dire qualche cosa, parlerà in aula, al momento dell’approvazione del piano. Il voto è previsto per martedì, insieme al Testo unico delle cave che, per la prima volta dopo oltre 250 anni, dovrebbe definire la proprietà pubblica di un terzo delle cave di Carrara, finora rimaste private in virtù di un editto ducale. Ma anche su questa legge si promette battaglia.

Ilaria Bonuccelli – Il Tirreno 8.3.2015

La contromanifestazione di Pietrasanta: i cavatori temono la sorpresa in extremis

Sono più forti di noi. E’ il grido di dolore che arriva dall’assemblea dei cavatori. In realtà non è proprio così. E Rosi Fontana, la nota pr d’arte, sottolinea come la protesta sotto la Regione ha portato nel capoluogo poco più di 500 persone. I cavatori delle Apuane che non sono di Carrara (lì le cave sono fuori dal Parco), si sono ritrovati ieri mattina al Musa, il museo virtuale aperto a Pietrasanta in un vecchio laboratorio del marmo artistico.

Fra pochi giorni il piano territoriale va all’approvazione in consiglio regionale e si teme che l’assessore Marson possa firmare il de profundis ad almeno 500 anni di estrazione del marmo (ma anche di granito, pietra del Cardoso e altre pietre ornamentali). «Ai tempi della Montecatini a Minucciano, versante Orto di Donna – tuona un assessore della Garfagnana – c’erano 30 cave. Ma in quegli anni il Comune aveva 3000 abitanti, oggi siamo poco più che 700. Con i giovani, quelli rimasti, che non hanno lavoro. Questa è la realtà con poche cave aperte. Figuriamoci senza»

L’assemblea è abbondantemente over 40, per non dire di più. Lo rimarcano anche i relatori: «Siamo vecchi, ma non vogliamo che il marmo finisca con noi». Eppure le cave delle Apuane continuano ad attirare. Pochi gli immigrati, la manodopera è quasi tutta indigena. Gli argomenti dell’assemblea sono quelli vecchi di queste settimane. Si teme qualsiasi limitazione all’escavazione. C’è soprattutto molta, molta rabbia. L’industriale Marco Boiardi rilancia l’idea «che la politica la debbano fare i politici. L’assessore Anna Marson è una docente universitaria, le auguriamo una grande carriera, ma non si occupi di politica».

Il paradosso della professoressa Marson è dato anche dal fatto che un assessorato fondamentale come l’urbanistica sia appannaggio di un partito, l’Italia dei Valori di pietrina memoria, spazzato quasi via dalla furia di Grillo. In questo clima si attaccano gli ambientalisti. «Io oggi giro con il telefonino – usa l’iPhone a mo’ di esempio Daniele Poli, vicepresidente del Cosmave, consorzio marmo Versilia – invece gli ambientalisti vorrebbero che sulle Apuane tornassero i pastori, gli allevatori, i boscaioli. Hanno questa visione bucolica, ma anche loro hanno i telefonini di ultima generazione in tasca. E comunque io non ho intenzione di andare a fare il pastore, per far contento un ambientalismo che posso anche rispettare ma che ritengo vecchio, chiuso».

L’assemblea chiede soprattutto una cosa, una sorta di preambolo a qualsiasi considerazione. «Che la cave siano dichiarate parte integrante del paesaggio delle Alpi Apuane. Perché è vero: cave e ravaneti non sono elementi estranei. I turisti ameranno anche le montagne, ma le trovate ovunque. Le cave di marmo sono solo qui».

Era il gennaio del 2006 quando a Carrara fu organizzato un meeting internazionale. Si intitolava «Oltre il marmo». Si voleva capire cosa c’era al di là delle cave: turismo, artigianato, che altro. Lo volle l’allora sindaco Giulio Conti, fratello peraltro di un grande industriale del lapideo, quindi al di sopra di ogni sospetto di ambientalismo . Ma anche lui fu spertucciato da chi pensava che non esiste alternativa. E da allora, sono passati 9 anni, a Carrara non si è andati mai oltre il marmo.

Fare i pastori forse non sarà il massimo. Ma imprenditori e cavatori temono qualsiasi alternativa al lavoro in cava, perché sarebbe comunque concorrenza. E così anche le guide del parco delle Apuane si sono schierate contro l’escavazione. Insomma una partita apertissima che si chiuderà, forse, martedì. Ma ricordiamo che è una vicenda aperta non da oggi, ma da almeno 30 anni. Il marmo si scava oggi nelle viscere delle montagne care a Michelangelo. Ma la Marson ha scavato nelle viscere di imprenditori e cavatori. Non sarà facile trovare un compromesso.

Corrado Benzio – Il Tirreno 8.3.2015

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