“Cachemire e rendita. Addio all’ambiente con l’alibi del lavoro” Scrive Anna Marson

Nelle ultime settimane, a partire dalla tribuna dell’assemblea regionale di Confindustria, e successivamente dalle pagine di molti giornali toscani, è stato più volte utilizzato lo slogan dell’”ambientalismo in cachemire che blocca lo sviluppo”. Lo slogan è curioso, e farebbe quasi sorridere, oggi che il cachemire si vende anche all’Ipercoop e nel mercato dell’usato: dunque la cittadinanza attiva sulle questioni ambientali, che è piuttosto ampia e trasversale rispetto alle classi di reddito, veste comunque in cachemire.

In realtà non si può affatto sorriderne, perché esso sembra sottendere da parte di chi lo usa, oltre all’offesa o alla ridicolizzazione pubblica quale strumento per evitare di entrare nel merito delle questioni poste, l’equazione fra ambientalisti e percettori di rendite. Fra questi ultimi vi sarebbero anche i professori universitari, il cui stipendio in realtà dagli anni ’50 a oggi si è ridotto in termini reali svariate volte, scivolando ai minimi della dirigenza pubblica (per tacere di quella privata). Soggetti dunque cui negare il diritto di parola rispetto a progetti che promettono (nelle dichiarazioni di chi li propone) di produrre reddito.

L’esperienza maturata in questi anni evidenzia invece come siano proprio gli attori sociali, spesso fortemente compositi, che si attivano in prima persona per difendere la qualità dei luoghi in cui vivono, a mettere in questione le diverse rendite, troppo spesso rese possibili da accordi pubblico-privato e sinistra-destra che non mettono nel conto i costi collettivi di medio e lungo periodo, ma solo i ritorni elettorali e di altro genere (come molte indagini giudiziarie evidenziano), socializzando le perdite e privatizzando i profitti. Sono gli ambientalisti a bloccare lo sviluppo, o queste rendite da vero “cachemire di lusso”?

E’ comprensibile che gli imprenditori privati presentino le loro proposte, anche quelle speculative, come le migliori possibili. Inquieta invece che rappresentanti di istituzioni pubbliche, e di partiti cosiddetti progressisti, le accolgano entusiasticamente, rilanciandole con il refrain crescita eguale occupazione, evocando in modo sinistro la non così lontana – nel tempo e nello spazio – rinuncia all’ambiente e alla salute in cambio di un salario. Occupazione peraltro sempre più precaria e sottopagata, che rischia di essere un alibi per non entrare nel merito delle politiche pubbliche in questione, sempre più subordinate alle ragioni dell’economia finanziaria che ci ha portato all’attuale crisi.

In questa fase di crisi di sistema, caratterizzata da scenari molto incerti per quanto riguarda il nostro futuro, il territorio rappresenta nelle sue diverse prestazioni un bene collettivo assolutamente fondamentale. Chi toglie legittimità a quanti chiedono di comprendere chiaramente il saldo tra guadagni privati e interesse collettivo nelle operazioni di trasformazione del territorio, e di rinnovare così la politica nell’accezione autentica di cura del bene comune, apre la strada a una poco oculata svendita sia del territorio che della politica.

Anna Marson, assessore all’Urbanistica, territorio e paesaggio della Regione Toscana

Corriere della sera, ed. Firenze, 16 ottobre 2011

Una Regione in bilico: commento di Paolo Ermini, direttore del Corriere Fiorentino (18.10.2011):


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6 pensieri su ““Cachemire e rendita. Addio all’ambiente con l’alibi del lavoro” Scrive Anna Marson

  1. grazie assessore,
    questa boccata di ossigeno ci voleva ! in una giornata cominciata male, almeno per me, con l’ipotesi della lenzuolata di pannelli fotovoltaici alla foce del Cornia, alle spalle del parco della sterpaia accanto all’oasi del WWF.
    Hanno detto che staranno attenti a non disturbare gli animali ! roba da ridere se non ci fosse da piangere

  2. Signora Anna Marson il suo discorso mi è piaciuto moltissimo e mi trova perfettamente daccordo (visto che sono anni che, nel mio piccolo, parlo di questo tema). Adesso però viene la parte più difficile: bisogna armarsi di un grande coraggio e traddurre in pratica le parole.

    Francesco

  3. Faccio una premessa, l’ambiente è una risorsa importantissima anzi la più importante che abbiamo e dobbiamo difenderla dalle malversazioni. Allo stesso tempo credo che l’articolo pubblicato dall’assessore Marson sia molto qualunquista, anzi sicuramente più qualunquista di chi attacca gli ambientalisti in cachimire. Forse l’assessore, dall’alto della sua spocchia si è dimenticata (volutamente) di quel grande tassello intermedio che è la forza lavoro, quella che un tempo era la tanto sbandierata classe operaia, e si è dimenticata che si il lavoro nobilita l’uomo ma allo stesso tempo ne rappresenta anche la forma di sostentamento primaria. Non penso che bisogna dire sempre si a tutto, ma nemmeno no a prescindere come è stato fatto in toscana negli ultimi due anni. Non è pensabile che la forsa lavoro sia riversata tutta nel settore turistico perchè altrimenti avremmo una regione di disoccupati per almeno 9 mesi l’anno, nè tantomeno nell’agricoltura, visto che il nostro sistema agricolo si regge sui contributi che gli agricoltori percepiscono per produrre, ( difatti la prospettiva di vedere la tenuta Rimigliano come una grande azienda Agricolo aveva una fattibilità economica che si reggeva solo ed esclusivamente nelle menti di chi non doveva metterci i propri capitali). Anch’io credo che sia facile parlare di sviluppo quando poi non si vuole sviluppare niente, mettete in gioco i vostri capitali e puntate su quello che ritenete una soluzione per l’economia della zona, se siete così sicuri che quella sia la ricetta vincente, non dovreste aver problemi a metterla in pratica, altrimenti questo continuo vociare al fine di spararla più grossa non farà altro che impoverire la Val di Cornia. Esponete le vs tesi ad un dipendente magona in cassaintegrazione con figli e mutuo a carico, e domandategli cosa rappresenta per lui il suo posto di lavoro in un ambiente che non è proprio un ufficio e vi risponderà per le rime. E’ facile parlare quando si arriva tranquillamente a fine mese con la pancia piena, un pò meno quando ci sono le banche che ti rincorrono. Certo di non essere ben percepito su questo blog vi rinfgrazio per l’ospitalità.
    Saluti
    Marco.

  4. mettere in gioco i capitali?
    magari! potremmo comprarci la Tenuta e fare in modo che le proposte diventino concrete! GRAZIE MARCO, un bel suggerimento!

    Ancora la storia del cassintegrato, al quale va la mia solidarietà, usato come una bandierina…

  5. Nei vari commenti posti comprendo davvero quello di chi vive il dramma della perdita e mancanza di lavoro e penso sia uno dei peggiori che possa capitare. Queste situazioni però sono spesso dovute all’incapacità di amministrazioni pubbliche e dei loro amministratori complici che in tanti anni non hanno saputo programmare niente se non colate di cemento e costruzioni di seconde case fatte sorgere come funghi dappertutto di cui hanno beneficiato gli ‘imprenditori amici’ che con l’edilizia sono diventati ricchi perchè incapaci di far crescere le loro aziende in altri settori e garantire ocupazione stabile. Chi non ha lavoro oggi è ostaggio di questi personaggi e di queste amministrazioni inette e non in grado di aiutare i propri cittadini e i lavoratori ma solo brave a fare affari con i imprenditori cui interessa solo fare rapido profitto. In questo anche i sindacati hanno le loro gravi colpe. L’ASSESSORE MARSON E’ UNA GRANDE RAPPRESENTA IL NUOVO RISPETTO AL VECCHIO STANTIO CHE ANCORA IMPERA E CHE CI HA PORTATO IN QUESTA SITUAZIONE NOI E I NOSTRI FIGLI. TUTTI DOBBIAMO AIUTIRE E SUPPORTARE CHI HA IL CORAGGIO DI CAMBIARE DAVVERO. W LA MARSON!

  6. stupisce, ma non più di tanto, leggere simili corbellerie superficiali scodellate da un direttore di giornale.
    Dovrebbe avere una panoramica completa della realtà dove opera e dei relativi “attori” sociali, ma così non sembra.
    Forse la sua è la difesa aprioristica del solito, banale, binomio cemento=sviluppo.
    Bene ha fatto l’Assessore Marson a ricordargli un bel paio di cose.
    “Spostare” un’area archeologica per far posto a un capannone per la produzione di roulottes è cosa così idiota che non dovrebbe nemmeno esser discussa. Qui non c’è alcuna alternativa fra esigenze ambientali/culturali ed esigenze economiche, c’è solo alternativa fra decenza e indecenza. Tutto qui.
    E le necessità occupazionali non possono certo costituire un alibi, perchè l’operaio può lavorare nel benedetto capannone realizzato in una vera area industriale. Non in un’area archeologica.

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