Baratti, il percorso partecipativo arriva sul tavolo degli americani

Morisi replica al Psi

Il percorso partecipativo di Baratti «fa scuola» ed arriva sul tavolo di Bernard Manin, New York University, uno dei più importanti studiosi della democrazia, in giro per il mondo, che ne ha fatto richiesta direttamente a Massimo Morisi, garante della comunicazione del governo del territorio della Regione Toscana.

E proprio il garante interviene sulla questione sollevata dal segretario Psi Stefano Ferrini in merito alla partecipazione dei cittadinialla formazione del Piano particolareggiato di Baratti. «Leggo con qualche stupore le dichiarazioni del segretario del Psi piombinese – apparse su La Nazione del 3 maggio – nessun intento polemico, da parte mia, ma un minimo di meraviglia sì. E’ nel dna del Psi e della sua storia migliore la capacità di coniugare rappresentanza, direzione politica e forme più immediate di democrazia diretta e “di prossimità”. Perché dunque dare di quella vicenda una visione così semplicemente aritmetica? La partecipazione alle politiche pubbliche non è una manifestazione di piazza, non si può contabilizzarla con i parametri delle questure. Ma non è neppure un consiglio comunale, dove qualche decina di persone offre una rappresentanza politica, tanto importante, quanto indispensabile ma, com’è inevitabile, altrettanto viziata dai vincoli e dai doveri delle appartenenze di partito e di coalizione. Nella partecipazione, nei dibattiti pubblici, avviene il contrario. Nel processo partecipativo di Piombino per Baratti non si è votato, si è discusso, approfondito, valutato possibili alternative, spesso si è anche litigato ma sempre con il comune intento di migliorare un progetto. Tutto questo lavoro, è stato sintetizzato da un garante terzo, che lo ha consegnato all’Amministrazione».

«Qui — prosegue — un sindaco coraggioso ha voluto e accettato la sfida insieme alla sua Giunta e ha messo in valore quanto dei cittadini altrettanto coraggiosi e impegnati nella tutela del valore di quel luogo, hanno saputo e voluto tirar fuori. Senza sostituirsi al Consiglio comunale, ma proponendo alla sua autorità istituzionale, un’idea, unavisione e una linea su cui alle istituzioni compete la parola finale. Poche le persone che hanno partecipato? Non credo affatto. E’ facile oggi per un partito politico radunare 60, 70 persone in un’aula a discutere con qualcuno che non sia un grande leader nazionale? E perché dovrebbero essere poche 60, 70 persone che si riuniscono, fanno i compiti a casa, leggono mappe, studiano carte, consultano la rete nei fine settimana, fanno sopralluoghi, discutono in famiglia, al lavoro, di quanto hanno appreso o proposto o criticato, alimentando un grande e non misurabile effetto alone? No, non sono affatto poche: sono semplicemente quelli che chiamiamo “cittadini intensi”, nodi di reti civiche che intendono “metterci il naso”. Votano, eleggono sindaci e consigli, ma vogliono entrare nel merito delle questioni che li riguardano.

Non vogliono una democrazia più debole. Ne vogliono una ove rappresentanza non significhi delega in bianco. A Baratti è successo qualcosa del genere: non è per caso che studiosi del rango di Bernard Manin, New York University, mi abbia chiesto tutta la documentazione. Se fossi un amministratore piombinese ne sarei fiero. E bene fa il Comune ad attrezzarsi di conseguenza per il proprio Regolamento urbanistico. Magari ci pensasse anche qualche comune limitrofo!».

La Nazione 8.5.2011

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