Bayahibe, il bagno va demolito

Bayahibe, il bagno va demolito

San Vincenzo, il Consiglio di Stato chiude la querelle: il permesso a costruire del 2008 non è valido.

Sorride chi lo considera un pugno in un occhio. Quell’incompiuto stabilimento balneare Bahiahybe va demolito. Dopo anni di sentenze e appelli incrociati a riunire le carte e scrivere la parola fine è il Consiglio di Stato.

Il permesso a costruire rilasciato dal Comune di San Vincenzo nel 2008 viene annullato dai giudici amministrativi della 4ª sezione. E a cascata vengono meno tutti gli altri motivi di lite. I lavori sulla spiaggia, a lato del fosso delle Prigioni, non avrebbero dovuto cominciare.

La sentenza è stata deposita il 14 dicembre, mentre il collegio romano si è riunito in camera di consiglio il 3 novembre scorso. Settanta pagine. Tante servono ai giudici della 4ª sezione per mettere a fuoco la vicenda, le diverse fasi processuali e lo stato dell’arte del Bahiahybe. Il perno su cui ruota la falce che tutto taglia sta in una manciata di righe: “La concessione era invalida in quanto rilasciata su un progetto non munito di autorizzazione paesaggistica, in quanto l’autorizzazione paesaggistica era stata rilasciata su un progetto diverso”. In pratica, alla base dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Sovrintendenza il 13 gennaio 2005 c’è un progetto diverso rispetto a quello per il quale il Comune ha rilasciato il permesso a costruire nel 2008. In quest’ultimo caso il riferimento è una variante progettuale del 2007 che però no è passata al vaglio della Sovrintendenza.

Il Consiglio di Stato sottolinea che “il progetto su cui si pronuncia il Comune e la Soprintendenza deve di necessità essere il medesimo essendo i rispettivi atti di assenso diretti a tutelare interessi diversi (paesaggistico, la seconda, edilizio e urbanistico, il primo)”. Una vicenda complessa, in ragione della quale il collegio giudicante ha disposto l’integrale compensazione delle spese per i due gradi di giudizio.

Dal 2008, ossia dall’inizio della costruzione, e per i primi anni, il manufatto aveva le sembianze di uno scheletro di cemento e acciaio di circa 300 metri quadrati costruito in parte sulla spiaggia adiacente il fosso delle Prigioni. Da un paio d’anni o tre, essendo andata avanti la costruzione, è rimasto lì, incompleto. Una situazione annosa che ha prodotto una serie di importanti sconquassi: un danno d’immagine a San Vincenzo, un danno ambientale e paesaggistico, danni ai condòmini ricorrenti. In più, un danno economico ingente alla società Acquachiara, composta da soci di giovane età, che hanno vinto un regolare bando nel 2002 e hanno investito molti soldi, vedendo andare in parte perse le ultime stagioni estive.

C’è anche un fronte penale legato alla costruzione dello stabilimento balneare. Il dibattimento inizierà a gennaio dopo i rinvii giudizio a carico del dirigente dell’area Servizi per il territorio del Comune di San Vincenzo Andrea Filippi, la titolare della società Acquachiara Greta Gerli e il progettista e direttore ai lavori Gherardo Zanette. I tre imputati, in concorso tra loro, avrebbero realizzato uno stabilimento balneare illegittimo perché di altezza superiore (4,20 metri a fronte del massimo consentito di 3,50 metri) a quanto previsto dal Piano particolareggiato della spiaggia, in vigore dal 2006.

Manolo Morandini – Il Tirreno 15.12

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