Bello il mare, ma di cemento – Dossier de Il Tirreno sul caso San Vincenzo

Più case che abitanti, e la metà non sono occupate
Dalla collina delle villette alle dune a rischio
Per non parlare del porto faraonico

Talvolta i nomi si portano appresso delle asimmetrie. Chi vive in località Belvedere, sulla collina trasformata in un villaggio elitario fatto di villette e nulla più, ogni giorno potrà testimoniare che mai nome fu più azzeccato, col panorama che si apre sul golfo di Baratti, il parco di Rimigliano e l’Isola d’Elba. Chi transita verso nord sulla Variante Aurelia e alza gli occhi prima d’imboccare la galleria, vedendo quell’insieme di case patrizie constaterà invece che l’uomo, quando vuole, sa attentare al paesaggio con perfidia autolesionistica.

Le villette di Belvedere, non foss’altro perché ogni giorno rapiscono lo sguardo di migliaia di automobilisti, sono diventate il simbolo visivo del fiume di cemento che in trent’anni ha inondato San Vincenzo, snaturandone l’identità originaria. A fine 2009 all’anagrafe risultavano 7002 abitanti, alquanto inferiori rispetto alle 7856 abitazioni censite, che nel frattempo avranno sicuramente superato quota ottomila. Negli ultimi 10 anni la percentuale del consumo di suolo è aumentata del 70%, con il calcestruzzo che ha coperto campi e colline, si è trincerato ai limiti del bosco a ridosso del mare e si è insinuato anche oltre, fino a lambire le dune, ha divorato un chilometro di spiaggia davanti all’abitato per trasformarla in un porto faraonico, con annessi parcheggi sotterranei, piazze con vista sull’orizzonte e strade nuove di zecca.

L’architetto Massimo Cionini è un sanvincenzino doc. Dopo 13 anni trascorsi tra Montpellier e Barcellona, è tornato nel paese con il quale ha un legame di sangue. «L’ho trovato cambiato in peggio – racconta -. Già negli anni ’60 cominciò a spirare il vento della speculazione edilizia, ma il vero e proprio assalto è iniziato negli anni Ottanta. Da allora la collina è stata aggredita come in poche altre parti della Toscana. Il risultato è evidente: è stata cancellata l’identità del borgo, fatto di operai, contadini e pescatori».

E non finisce qui. La vicenda della palazzina costruita nel bosco di pertinenza dell’hotel “I Lecci”, ribattezzata l’ecomostro sanvincenzino per aver intaccato la duna, è solo la punta dell’iceberg, benché la forestale abbia già inviato due rapporti alla procura della Repubblica di Livorno.

Il vero banco di prova è rappresentato dal piano di recupero della Tenuta di Rimigliano, oasi di 560 ettari risparmiata dall’inondazione di cemento che ha sconvolto il territorio.
Complice l’estate, il clima attorno all’operazione si è fatto rovente. La Tenuta rappresenta un quinto della superficie comunale complessiva e sui suoi 560 ettari – a ridosso di una delle spiagge più belle e incontaminate d’Italia – si erigono otto poderi. Il piano prevede un albergo e 180 appartamenti pari a «un investimento di 65 milioni e sei anni di lavoro per 130 addetti e altri 60 a regime», ricorda Marco Valtriani, direttore provinciale della Cna, spiegando che si tratta del classico esempio di sviluppo sostenibile. Le associazioni ambientaliste, i comitati e le opposizioni parlano invece di autentici «accrocchi di quartierini con oltre venti appartamenti ciascuno, con i tre quarti degli edifici che saranno demoliti e ricostruiti nelle forme e nella posizione che più piace alla proprietà», la Poggettino srl che nel 2003 acquisì la tenuta dal fallimento Parmalat, spendendo 23 milioni di euro oltre ai sette necessari per ripianare i debiti della società di Tanzi.

Ma, nonostante i timori per l’integrità della parte più vicina al mare, il Comune vuole andare avanti, dopo che nell’ottobre scorso il consiglio comunale ha dato il nulla osta alla variante urbanistica. Una determinazione granitica. Al punto che il sindaco Michele Biagi respinge al mittente l’invito dell’assessore regionale all’assetto del territorio, Anna Marson, a riaprire il percorso partecipativo previsto dalla legge 1 del 2005. Supportato da Matteo Tortolini, consigliere regionale e coordinatore delle politiche sull’ambiente del Pd toscano: «Ci sono tutte le condizioni per chiudere una vicenda durata fin troppo». Basta che si faccia presto, insomma.

Paradisino 1958

A San Vincenzo fanno notare che sebbene questa sia la madre di tutte le partite urbanistiche, l’attenzione appuntata sulla Tenuta di Rimigliano rischia di far perdere di vista altre piccole e medie colate di cemento. A partire da quella del “Paradisino”, ad esempio, l’ex parco giochi dei dipendenti Solvay dove sono previste palazzine per 4500 metri cubi. E se anche sul tavolo del sindaco sono state recapitate le lettere di 300 bambini che chiedono gli sia conservato almeno il campetto di calcio, in autunno si attiveranno ruspe e betoniere, con gli operai pronti a lavorare di cazzuola.

Perché, provano a spiegare in paese, edilizia e turismo a San Vincenzo sono avvinghiati come in pochi altri luoghi: se è vero che ci sono più di 11mila posti letto, nel 2009 corrispondenti a un milione e 173mila presenze, parimenti si contano 22 agenzie immobiliari e 122 imprese di costruzioni. Un record, viste le dimensioni del paese.
In ogni caso un’autentica santa alleanza tra due settori-chiave dell’economia, fin qui disinteressati al bassissimo tasso di occupazione medio degli alloggi in paese: il 46,4% contro valori regionali e nazionali che oscillano tra il 74,8% e l’81,1%.

«Capisce cosa intendo dire quando parlo dell’identità perduta – chiede l’architetto Cionini -? Qui si continua a puntare sull’edilizia come fattore di sviluppo, ignorando l’impoverimento che a lungo andare ne deriverà».
In attesa che la clessidra faccia il proprio lavoro e che il tempo decanti le scelte, stabilendo una volta per tutte chi ha ragione e chi torto, restano gli sfregi irreversibili al paesaggio, le muraglie che a San Vincenzo si sono moltiplicate quasi per gemmazione, insinuando l’idea che il territorio stia lì solo per essere costruito, urbanizzato, percorso nelle viscere da fili e canali e in superficie coperto da bitume e calcestruzzo. Se un giorno la terra potesse parlare…
Dall’inviato Antonio Valentini con la collaborazione di Paolo Federighi

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Tranquilli, voglio riqualificare
Il sindaco Biagi è ottimista: correggo le decisioni di altri

Il sindaco Michele Biagi ostenta ottimismo: l’eredità del piano strutturale del 1995 è pesante, ma molte cose cambieranno.

Sindaco, a San Vincenzo ci sono più seconde che prime case e comunque il numero complessivo delle abitazioni supera quello degli abitanti. Perché si costruisce ancora?
«Sono finiti i tempi in cui si poteva parlare di grandi numeri. Col nuovo piano strutturale punteremo soprattutto sulla riqualificazione. Daremo un segnale forte, un bel taglio, per orientarci sulle prime case e le opportunità di lavoro. Sarà occupato molto meno suolo».

La natura è bella se incontaminata. A Rimigliano, in particolare, è bellissima. Perché non lascia tutto com’è, evitando una nuova lottizzazione?
«Precisiamo. La parte al mare, il parco, resterà intatta, essendo un sito ambientalista tra i più importanti d’Italia. Per la tenuta c’era un piano già approvato, cui mancava solo una firma per diventare esecutivo. Con la proprietà abbiamo concertato un nuovo piano pubblico, ripartendo dalle strutture poderali esistenti per tutelare la parte agricola e naturalistica».

Molte case sono invendute, segno di crisi e di saturazione del mercato.
«Il momento non è positivo. Ma ripeto: servono prime abitazioni, per il resto punteremo sul turistico e l’alberghiero, sulla riqualificazione dell’esistente. Nonostante la crisi, però, non vedo un paese fermo».

Rispetto agli anni ’70 San Vincenzo è irriconoscibile. Ha perduto l’identità di un tempo.
«La mia amministrazione ha cercato di correggere gli atti di altri, inseriti nel piano strutturale del 1995: da allora il turismo è cambiato e chiede un’offerta qualitativamente elevata».
(A.V.)

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