Caso Cave: già 10 anni fa, cercavamo a saperne di più

Nel mese du luglio 2008, il Comitato per Campiglia, insieme a Legambiente, organizzava un’incontro pubblico dedicato alle Cave di Monte Calvi. Ne seguiva questo comunicato:

Piani di coltivazione modificati, quantità estratte più che raddoppiate, ripristini ambientali previsti contestualmente all’escavazione ma non eseguiti, concessioni ripetutamente prorogate dal Comune in cambio di anticipazione dei canoni, precarie condizioni di sicurezza nella cava e per il contiguo Parco. Questo dicono gli atti e i documenti sulla Cava di Monte Calvi che il Comitato di Comitato per Campiglia ha finalmente ottenuto dal Comune previo pagamento di 900 euro e che sono stati presentati in una assemblea pubblica a Venturina organizzata insieme a Legambiente.

L’analisi delle carte comunali, illustrate dall’architetto Massimo Zucconi (*), ha permesso di capire i passaggi fondamentali di questa vicenda e i “lati oscuri” della convivenza tra cave e parco. Le tappe fondamentali sono risultate due: il 1997, anno in cui il Comune approvò la liberalizzazione della vendita del calcare, prima riservato al fabbisogno dello stabilimento siderurgia di Piombino, e il 2002 quando un dirigente comunale firmò una nuova autorizzazione che allungava al 2018 la scadenza della concessione e aumentava del 75% i quantitativi di materiale da estrarre: da 4.865.000  a  8.507.000 metri cubi. Poco dopo, nel 2004, la proprietà delle cave passa dalla Lucchini ad una nuova società presieduta dall’ex sindaco di Campiglia e composta da una cordata di imprese tra cui la Sales e l’Asa, l’azienda pubblica che gestisce anche il servizio idrico. I vari piani di coltivazione prevedono obbligatoriamente il ripristino ambientale “contestuale”, cioè da fare mano a mano che si procede con l’escavazione, ma ad oggi le riprese aeree realizzate giorni fa dal Comitato per Campiglia dimostrano che si è pensato molto a scavare e poco o niente a ripristinare, nonostante l’esistenza di un collegio cave nominato dal Comune e che avrebbe dovuto vigilare.

I numerosi interventi nel dibattito hanno sottolineato la gravità della situazione e denunciato l’assenza di trasparenza; alcuni hanno anche proposto che gli atti della vicenda vengano sottoposti al vaglio della magistratura per verificare se tutti i passaggi sono avvenuti in modo legale, in una situazione in cui non sembra aver prevalso l’interesse generale del territorio, ma piuttosto quello delle imprese estrattive, specialmente dopo che con la liberalizzazione la vendita del calcare è divenuta un affare molto remunerativo. Il dibattito si è concluso con la richiesta, peraltro già deliberata dal Consiglio comunale di Piombino, di escludere tassativamente aumenti delle escavazioni e proroghe oltre il 2018, di procedere effettivamente ai ripristini ambientali e di

ridurre la coltivazione della cava di Monte Calvi per salvaguardare l’attività del parco di San Silvestro. A questo si deve aggiungere un programma per la riconversione occupazionale dei lavoratori, come è stato fatto per altre situazioni nel passato: dieci anni – è stato detto – sono un tempo sufficiente per farlo, se ci saranno capacità di governo pubblico e responsabilità dell’impresa privata.
13 luglio 2008

(*) Memoria presentata da Massimo Zucconi:
Cave, paesaggio e parco nelle colline campigliesi -900 euro per sapere qualcosa
Ricostruzione della storia amministrativa e dei progetti di coltivazione della cava di Monte Calvi


https://youtu.be/EN5Y8Vsp-lI

Sei mesi dopo, il 20 febbraio, nuova conferenza dibattito del Comitato per Campiglia, questa volta sul tema della Cava di Monte Valerio:

Una larga ferita al paesaggio, assenza di ripristino ambientale, danno al patrimonio culturale con la distruzione delle antiche gallerie etrusche delle ‘Cento Camerelle’. A Monte Valerio la Sales con la scusa della miniera di stagno (di concessione statale) ha  svolto negli ultimi cinquant’anni un’attività di cava sempre più invadente, prima in modo abusivo e successivamente autorizzata dal Comune di Campiglia, che ora non sembra più in grado di controllare efficacemente le operazioni.

È quanto è emerso dal dibattito organizzato a Venturina dal Comitato per Campiglia, nel quale sono state ricostruite sia le vicende storiche, sia il complesso iter amministrativo che ha portato nel 2000 alla autorizzazione comunale per vent’anni alla Sales. Lo storico locale Gianfranco Benedettini con l’ausilio di vecchie immagini e documenti ha illustrato l’importanza mineraria di questo sito dagli ingegneri francesi dell’800 fino all’estrazione dello stagno nel periodo fascista, quando l’attività dell’AMMI dava lavoro a più di 700 operai. Oggi solo poche decine di lavoratori sono occupati nella cava, mentre è fortemente aumentato il suo impatto ambientale.

Ma ha destato ancora più stupore l’illustrazione degli atti comunali, ottenuti dal Comitato in base alla legge sulla trasparenza e illustrati da Massimo Zucconi (*).

Nel 1980, quando entrano in vigore nuove norme regionali per le cave,  la  SALES disponeva solo di una concessione mineraria ventennale rilasciata nel ’75 dal Ministero dell’Industria per la coltivazione della miniera di stagno a Monte Valerio. La scadenza era fissata al 1995.

Nel 1986 il Sindaco di Campiglia  minaccia la Sales di sanzioni per attività abusiva di cava e ordina la sospensione dell’estrazione sul culmine di Monte Valerio, destinato a parco dal Piano regolatore.Ne segue un contenzioso al tribunale amministrativo, composto nel 1990 con un accordo in cui il Comune si impegna a rilasciare le autorizzazioni di cava, mentre in cambio la Sales si impegnava ad eseguire una serie di lavori stradali e di urbanizzazione a favore del Comune.

“Quando si comincia con scambi e favori – ha commentato Rossano Pazzagli intervenendo nel dibattito – non siamo più liberi e le scelte diventano condizionate dagli interessi”.

Ma è il 10 marzo del 2000 che il Comune, con atto del dirigente assetto del territorio, autorizza la cava di calcare di Monte Valerio per 20 anni (fino al 10 marzo 2020) secondo un  piano di coltivazione articolato in 6 fasi, che prevedono il contestuale ripristino. Questo atto prevede anche l’intervento della Soprintendenza archeologica e l’obbligo di Sales “a mantenere integre le gallerie presenti nel versante Nord” secondo le indicazioni della stessa Soprintendenza. Che cosa è stato fatto?

L’esame degli atti e il confronto con la realtà dimostra che la cava è andata avanti senza rispettare il piano autorizzato, né per i tempi né per i modi: la coltivazione a piani orizzontali discendenti non c’è e il ripristino neanche. Quali misure ha preso il Comune e quante volte è intervenuta la Soprintendenza? A queste domande si attende una risposta, poiché gli amministratori comunali ancora una volta erano assenti, pur essendo stati invitati al dibattito. Sappiamo solo che nel 2007 il Comune, anziché esigere il ripristino delle prime fasi, ha concesso (provvedimento del 19 marzo 2007) alla Sales l’anticipazione dell’escavazione per le fasi successive.

Nel ventennio tra il 2000 ed il 2020 si prevede di scavare 8 milioni di mc. d’inerti. Considerando anche il periodo precedente, nel 2020 potrebbero essere stati scavati da Monte Valerio circa 22 milioni di mc di materiale, equivalenti, in termini volumetrici, a circa 70.000 abitazioni e 150.000 abitanti. Una città come Livorno. Circa 50 ettari di suolo sono passati da bosco a cava.

Molti gli interventi, in particolare Adriano Bruschi di Legambiente ha attirato l’attenzione sulla vistosa contraddizione della Val di Cornia, che mentre distrugge le colline, vede il formarsi di alti cumuli di inerti nel vecchio Padule costituiti dai rifiuti del ciclo siderurgico, che potrebbero essere utilizzati al posto degli inerti di cava, conseguendo così un doppio vantaggio ambientale.

21 febbraio 2009

(*) Relazione dell’architetto Massimo Zucconi: La vicenda amministrativa della cava miniera di Monte Valerio