Castello Bonaria punta a un turismo di lusso

È di 10 milioni di euro l’investimento che l’azienda agricola Monte Solaio ha fatto sul Castello Bonaria: tre milioni per l’acquisto, nel 2003, e sette milioni per ristrutturarlo. L’impresa (che produce vino e olio) è “figlia” della società inglese Clarucci Industry, che, oltre al “tavolino rovesciato”, nel 2000 ha comprato anche un’ex azienda di bestiame trasformandola nell’attuale resort Salvapiano a Riotorto, per la cifra di 14 milioni di euro, e ha finanziato i lavori in entrambe le strutture, che occupano in totale un’area di 178 ettari.

138 ettari solo a Campiglia, dove l’impresa, guidata da un imprenditore anglo italiano, Claudio Guglielmucci, ha rimesso a coltura il pendio con uliveti e vigneti. Tra circa sette mesi dovrebbero concludersi i lavori per realizzare un centro benessere, area ristorazione con bar e servizi annessi, solarium e piscina, e le 19 camere (il bando vinto per creare l’albergo prevedeva 36 posti letto). Poi, come già detto, con una recente variante urbanistica, il complesso potrà dotarsi di una sala convegni e di una chiesina.

«Per avere questi permessi – ci hanno detto – ci siamo purtroppo scontrati con la burocrazia italiana che non semplifica affatto iter del genere, rallentandone i tempi e aumentandone i costi. Ma ringrazio il sindaco Soffritti per il supporto che ci ha dato».

Una volta approvata la variante, sarà rilasciato il permesso a costruire per completare la struttura ricettiva. «Puntiamo a un turismo di lusso – ci hanno detto dalla direzione della società -, con servizi di qualità in un paesaggio spettacolare. L’idea è di attrarre tante persone in vacanza. Gente che poi girerà in questi posti e spenderà in negozi e strutture della zona, a beneficio dell’intero territorio.

La sala convegni poi può servire a ottimizzare l’offerta, anche se rivolta a un altro tipo di target. E la chiesina l’abbiamo pensata per poterci celebrare cerimonie religiose e matrimoni».

Tutta la tenuta (castello ed ex casa del custode), sottolineano dalla società, verrà ristrutturata rispettandone la forma originaria, senza fabbricati aggiunti, solo un gazebo coperto: alcune camere, tra le opere nuove, saranno a livello seminterrato.

A lavorare nel cantiere ci sono ditte locali, di Campiglia, San Vincenzo e Piombino. E materiali del posto, ricavati preparando le fondazioni e l’area piscina, rivestiranno scale, pavimenti e docce; mentre le rocce trovate nel preparare i terreni per le vigne, ricopriranno parte dell’ingresso del complesso.

Tra le mire dell’azienda, c’è anche quella di usare la risorsa termale. Lo scorso anno il gruppo aveva infatti richiesto il permesso di ricerca di acque minerali e termali, per implementare ulteriormente i servizi dell’attività ricettiva. Ma la ricerca non è ancora stata avviata. Almeno per ora.

E qui vengono le dolenti note. «Purtroppo – ci hanno detto – abbiamo trovato degli ostacoli. In particolare, l’ostilità di alcuni privati che ci hanno chiaramente detto, e senza mezzi termini, che se avessimo fatto una cosa del genere ci avrebbero fatto causa. Abbiamo allora lasciato andare, perché al momento stiamo concentrando tutte le energie su questa ristrutturazione.

Ma se un domani ci fosse richiesta, magari a miglioramento della spa, potremmo avviare la ricerca, anche perché siamo perfettamente in regola. Se in queste zone ci fossero più attività destinate al turismo termale, di gente ne verrebbe di più – prosegue perché un’offerta più ampia è sempre più attraente. E poi senza competizione non c’è mercato. O meglio, la competizione è salutare in tutto – concludono dalla direzione -, e creerebbe un mercato sano e a tutto vantaggio del consumatore».

Annalisa Mastellone – Il Tirreno 8.2.2018