«Cave da chiudere in nome del turismo e dell’agricoltura»

«Cave da chiudere in nome del turismo e dell’agricoltura»

Lista civica e Comitato per Campiglia rilanciano il dibattito e accusano il Comune di Campiglia: «Non ha una strategia»

La lista civica, insieme al Comitato per Campiglia, riapre il dibattito sulle cave. In un incontro alla saletta comunale, l’argomento è stato sviscerato da diverse angolazioni ed il quadro che ne è emerso è piuttosto critico. Per quanto riguarda l’aspetto che senz’altro – letteralmente – risalta agli occhi, cioè quello dei mancati ripristini, il consigliere del gruppo d’opposizione, Giacomo Spinelli ha mostrato su un grafico lo stato di avanzamento per ognuno dei luoghi interessati, facendo notare come principio generale che il ritardo dei ripristino aumenta la pendenza del monte, con la conseguenza di rendere ulteriormente più lento perché più difficile il ripristino stesso.

Per tutti, monte Calvi, monte Valerio e Montorsi Spinosa, il ripristino raggiunge al massimo il 20% di quello che era stato programmato ed il ritardo, secondo Spinelli, si aggira sui 10 anni; per Monte Calvi, il cui il ripristino doveva essere quantificato in 44mila metri quadri, «non è stata ancora completata la fase di 12 anni fa». Per Montorsi Spinosa, che per l’esattezza è una cava e la cui scadenza di lavorazione era il dicembre 2012, la decisione della Regione dello scorso luglio autorizza la riapertura dei lavori su 38 ettari con la scadenza che si sposta in avanti di ben 15 anni.

Il collega di Spinelli, il consigliere Daniele Scafaro, ha invece parlato delle aziende che operano nelle escavazioni e del numero delle persone che impiegano. La Minerali Industriali s.p.a. (capitale sociale di 12 milioni di euro, 107 dipendenti e 26 stabilimenti in tutta Italia) è formata da un socio unico, conosciuto a Campiglia, la Minerali Maffei, cioè la stessa società che con questo nome ha operato a Botramarmi e che aveva provveduto a rispettare i tempi dei ripristini. Ora, è stato detto, «ciò che ha fatto distrugge», in quanto si troverà a scavare (insieme alla Sales) proprio nei ripristini che aveva effettuato. La Sales s.p.a. (10 milioni di euro il capitale sociale, 223 addetti per 10 stabilimenti ) è formata da 3 soci, i fratelli Zambernardi. Infine, la Società Cave di Campiglia s.p.a (che opera a Monte Calvi, ha un capitale sociale di 6,5 milioni di Euro ed impiega 45 addetti) è formata da 3 soci, la Berini s.r.l., l’Unicalce s.p.a. e la già vista Sales s.p.a.; l’amministratore delegato è l’ex-sindaco Lorenzo Banti, che siede anche nel consiglio d’amministrazione insieme al costruttore edile Maurizio Berrighi.

Alberto Primi del Comitato per Campiglia ha spiegato quanto versano le aziende titolari di concessione. «I contributi – ha detto Prini, – dipendono dalla quantità estratta e dal tipo di materiale. Ovvio che se questo è pregiato l’ammontare aumenta». Secondo la legge – che potrebbe essere a breve modificata – l’importo degli oneri può arrivare fino al 10% del valore medio di mercato e può essere usato dal Comune solo per tre scopi: mantenere le infrastrutture, coprire le spese delle pratiche delle concessioni, pagare gli organici degli enti di controllo.

Secondo il calcolo di Primi, l’importo che potrebbero versare in base alla legge le imprese estrattive a Campiglia supererebbe i due milioni di euro annui, all’incirca venti volte tanto l’importo effettivamente versato. «Queste imprese dovrebbero in effetti pagare maggiori somme al Comune, in modo che questi possa favorire la riqualificazione e poi il riassorbimento dei lavoratori di cava che dovranno terminare l’attività». La proposta del Comitato per Campiglia è questa: chiudere senz’altro le cave alla scadenza, visto che con la tecnologia il numero dei lavoratori diminuisce comunque e che lo stato attuale delle attività estrattive toglie lavoro ai settori trainanti del comune, agricoltura e turismo.« Bisogna fare scelte precise – secondo Primi – perché lo stato attuale non porta da nessuna parte».

Massimo Zucconi, capogruppo di Comune dei Cittadini, ha chiuso attaccando le scelte della Comune, che ha bollato come un tornare sui propri passi: il permettere a Monte Calvi di vendere il minerale sul mercato e di aumentare la superficie scavabile e più in generale di contravvenire alla scelta di tipo culturale che aveva permesso nel 1996 la nascita del sistema dei Parchi. « Ci vogliono – è il parere di Zucconi – coerenza strategica di lungo periodo e capacità di governo, cioè di gestione dei processi. Non quello che abbiamo visto finora, interesse marginale per le cave e decisioni prese all’ultimo minuto, come a Montorsi-Spinosa».
Francesco Rossi – Il Tirreno 11.11.2012

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