Cave, l’attività non rallenta col nuovo piano della Regione

L’ente ha adottato la programmazione delle attività estrattive fino al 2038. Sul tavolo due nuove aree di scavo. I comitati: «Ormai siamo un distretto del calcare»

Non importa addentrarsi troppo nell’entroterra per vedere le colline che cambiano volto. Il colore chiaro del calcare, negli anni, si è fatto spazio tra il verde circostante e chi è cresciuto sul territorio in tempi relativamente recenti è sempre stato abituato a osservare un paesaggio modellato dalle attività estrattive.

La cava di Monte Valerio è la prima, lato mare, a colpire lo sguardo. Si estende su una superficie di circa 60 ettari e la società Sales può estrarre un totale di 8 milioni e 380mila metri cubi di materiale.

Più nascosto alla vista è Monte Calvi, sul quale l’attività copre circa 30 ettari e la società Cave di Campiglia ha l’autorizzazione ad estrarre, fino al 2028, 2 milioni e 746mila mc di calcare.

Infine, poco oltre, nell’area comunale di San Vincenzo, sorge la cava di San Carlo. Qui, su 127 ettari, Solvay può lavorare fino al 2025.

Tutti questi siti, insieme a Monte Peloso, a Suvereto, sono indicati come giacimenti all’interno del Piano regionale cave, adottato dal consiglio regionale il 31 luglio e pubblicato sul Burt il 21 agosto.

Il Piano cave è uno strumento di pianificazione che disegna la geografia estrattiva toscana e, in esso, il nostro territorio ha un ruolo non trascurabile, tanto che nei mesi precedenti all’adozione ci sono state parecchie proteste. «Così la Val di Cornia viene trasformata in un distretto regionale delle cave», hanno detto comitati e parti politiche, mostrando preoccupazioni sull’impatto paesaggistico di attività estrattive sempre più estese.In tutto ciò sono ancora in corso i procedimenti di Vas a cui sono sottoposti due progetti presentati al Comune di San Vincenzo dalla società Cave di Campiglia e da Solvay Chimica.

I piani sono volti a ottenere la promozione di accordi di pianificazione miranti, rispettivamente, alla creazione di una nuova cava di 32 ettari su Monte Calvi (12milioni e 800 mc di calcare da estrarre) e all’ampliamento di 12 ettari del sito di San Carlo (16 milioni e 300mila mc di materiale). Di fatto le società interessate puntano a far sì che due nuove “risorse” siano riconosciute come “giacimenti” nel Piano regionale cave (Prc).

CHE COS’E’ IL PRC
Il Prc è uno strumento di pianificazione territoriale che definisce, sul territorio regionale, le zone in cui possono essere localizzate le aree a destinazione estrattiva (i giacimenti), individuando, nello stesso tempo, la tipologia di ciò che può essere estratto in base alla sua destinazione sul mercato e il fabbisogno di materiale. Il Piano regionale cave «ha validità a tempo indeterminato e può essere aggiornato e modificato», mentre «il riferimento temporale degli obiettivi di produzione (basato sulla stima del fabbisogno regionale di materiale) è di venti anni», è possibile leggere in uno degli atti che compongono il Prc.

I GIACIMENTI
Per la Val di Cornia sono stati individuati vari giacimenti. C’è, innanzitutto, quello di Monte Calvi, «potenzialmente ampliabile anche nelle aree limitrofe» è possibile leggere nel Prc. C’è poi Monte Valerio est, mentre la parte ovest risulta giacimento potenziale, e ci sono San Carlo, «ampliabile verso est» e Monte Peloso. Ci sono poi alcuni siti dove c’è materiale storico utilizzabile per l’edilizia monumentale o per la realizzazione di manufatti di interesse artistico. Si tratta dei marmi del Temperino, a Campiglia, dei calcari della Fornace, a Sassetta e del Poggetto Luigi, a Suvereto. In tutti questi casi «le aree sono adibite al reperimento di piccoli quantitativi di materiale per il restauro di monumenti».

LA PRODUZIONE
Tutti i siti, eccetto gli ultimi tre, sono inclusi in comprensori territoriali, per ognuno dei quali è stata assegnata una quantità di materiale estraibile in base a fabbisogni regionali calcolati da qui al 2038. L’obiettivo di produzione del comprensorio “calcari di Campiglia”, comprendente anche San Vincenzo, ad esempio, è di oltre 21milioni di metri cubi, quantità che coprirebbe poco meno del 60% dell’intero fabbisogno regionale di materiali di cava destinati a un uso industriale. L’obiettivo di produzione del comprensorio “calcari ornamentali del Monte Peloso”, invece, è di 1 milione e 635mila mc mentre quello del comprensorio “calcare di Monte Valerio” è di 7 milioni e 200mila mc circa.

Tutti i giacimenti individuati in Val di Cornia, esclusa una parte del Monte Peloso, presentano cave attualmente già attive e le autorizzazioni delle società che le gestiscono termineranno prima del 2038. Ciò non significa che saranno automaticamente rinnovate, dato che nel Piano cave si parla di obiettivi di produzione fino al 2038. Si dovrà attivare, infatti, l’iter previsto dalla normativa e il Comune dovrà valutare il nuovo piano di coltivazione.

Claudia Guarino – Il Tirreno 29.8.2018


La sindaca resta cauta: «Ora studiamo tutti gli atti»

«Adesso stiamo studiando gli atti. Abbiamo tempo fino al 20 ottobre per presentare le nostre osservazioni». La sindaca di Campiglia Marittima, Alberta Ticciati, commenta così la notizia dell’adozione, a Firenze, del Piano regionale cave, strumento che, trascorsi 60 giorni dalla pubblicazione sul Burt, dovrà tornare in consiglio per l’approvazione definitiva.

«L’intento è gestire questa tematica con la massima serietà, ma prima di affermare qualcosa di specifico è necessario studiare il testo nei dettagli». La sindaca, nel periodo elettorale, ha espresso più volte la sua posizione sull’argomento, sottolineando come un Comune a vocazione turistica non possa, in prospettiva, continuare a considerare le attività estrattive come qualcosa di strategico. Una volta scaduti i termini delle autorizzazioni in corso, insomma, le aree estrattive dovrebbero essere ripensate e riqualificate, programmando un percorso che consenta la diversificazione e il ricollocamento della forza lavoro oggi presente nelle cave. «La direzione che intendiamo seguire è quella già annunciata in campagna elettorale e le proposte che presenteremo terranno conto di tutti gli elementi implicati nel tema, compresi i posti di lavoro», sottolinea Ticciati. Del Piano regionale cave si è occupata anche la precedente amministrazione, che considerava molto elevata la quantità di volumi previsti in estrazione, per i prossimi vent’anni, nel comprensorio dei calcari campigliesi (oltre 21 milioni di mc).


Banti e Berrighi (Cave di campiglia): «La pianificazione è equilibrata»

«L’impressione è che quello regionale sia un Piano cave equilibrato, che tiene conto sia delle esigenze produttive sia di quelle ambientali». Le parole sono di Lorenzo Banti, presidente della Cave di Campiglia spa, la società che gestisce il sito estrattivo di Monte Calvi e che punta all’apertura di un nuovo fronte di lavoro attraverso la creazione di un’altra cava a nord di quella esistente, per dar vita alla quale è stata chiesta al Comune di San Vincenzo la promozione di uno specifico accordo di pianificazione.

«Al momento è in corso l’elaborazione del rapporto ambientale (una delle tappe previste dal processo di Vas, valutazione ambientale strategica). Credo che sarà pronto per settembre, massimo ottobre», afferma Banti. Dal Comune di San Vincenzo, d’altra parte, confermano di essere «in attesa dei rapporti ambientali riguardanti entrambe le cave (anche Solvay vuole ampliare il proprio sito, a San Carlo ndr)». Alla base del progetto di Cave di Campiglia spa c’è l’idea che il nuovo perimetro di cava sia riconosciuto come giacimento nel Piano regionale, strumento che può comunque essere modificato nel tempo.

Maurizio Berrighi, amministratore delegato della società, da parte sua sottolinea l’importanza di un sito, quello di Monte Calvi, dove si «estrae calcare microcristallino pregiato che viene fornito soprattutto all’industria Solvay di Rosignano». Da quest’ultima fanno sapere che «il microcristallino viene utilizzato come materia prima, permettendo la creazione di miscele ottimali. E per essere competitivi gli impianti devono funzionare al meglio. Per questo chiediamo l’individuazione di un nuovo sito a San Carlo e quando scadrà la concessione per l’attuale superficie di cava ne chiederemo il rinnovo. Riteniamo che i presupposti ci siano».

In tutto ciò l’adozione del Piano regionale cave ha contribuito a riaprire la frattura, mai del tutto ricomposta, tra quanti ritengono che le attività estrattive siano una risorsa in termini di occupazione e un valore aggiunto per l’economia e quanti, d’altra parte, credono che «la creazione di un distretto regionale delle cave» creerà danni al turismo e altererà i beni paesaggistici e archeologici del territorio.

Berrighi, da parte sua, ritiene che sia «indispensabile portate a termine le operazioni di ripristino del territorio previste dalla legge ed è necessario che le attività siano svolte nel rispetto delle regole. Credo anche che le cave forniscano posti di lavoro in un territorio dove le opportunità non sono molte e se dovessero ripartire le acciaierie l’attività delle cave di Campiglia sarà indispensabile».

Il Tirreno 29.8.2019