«Così il Resort diventava un paese con 1.200 casette»

Ecco tutte le accuse della Procura che hanno portato al sequestro dell’ex area del Club Med di Castagneto:
Non un Resort selvaggio, costruito con moduli temporanei in legno e immerso nella Costa degli Etruschi a due passi dal mare come prevede la normativa regionale, bensì un vero e proprio paese, dotato di 1.200 casette con all’interno tutti i comfort, collegato alla rete fognaria e capace di accogliere per sei mesi all’anno migliaia di turisti, nella zona di Paradù, località nel Comune di Castagneto Carducci. È da questa certezza investigativa, contestata dalla proprietà dell’ex Club Med, che nasce e si sviluppa l’inchiesta dei pubblici ministeri Gianfranco Petralia e Fiorenza Marrara che lo scorso 3 dicembre ha portato al sequestro di tutta l’area.

È dalle carte dell’indagine che emergono le presunte «scorciatoie» compiute dalla Medonoratico srl, società proprietaria del Resort e guidata da Riccardo Mariotti, unico indagato dell’indagine, accusato di lottizzazione abusiva, l’assenza dei permessi a costruire e dell’autorizzazione paesaggistica, oltre alla mancata comunicazione del rischio sismico e l’alterazione delle bellezze naturali.
Si legge nell’informativa inviata alla Procura all’indomani della perquisizione: «È stata accertata la presenza di 193 moduli di case già realizzate comprendenti due unità immobiliari (monolocale e trilocale) per un totale ad oggi di 376 unità ricettive, oltre 100 ulteriori piazzole con pali già installati che servono per fissare le case mobili». Ma il numero totale è destinato a salire. «Il totale è di oltre 600 piazzole, ove installare altrettante casette, pari a 1.200 unità abitative». Una metamorfosi dei luoghi lontana – sempre secondo la Procura – dalla semplice sostituzione delle vecchie capanne con nuovi e moderni “bungalow”.
«La volumetria finale è di circa quattro volte quella iniziale per ogni casetta. E la volumetria occupata andrebbe a superare di più di duemila volte quella iniziale». Il discrimine tra struttura fissa e mobile e dunque tra legalità ed illegalità – secondo la normativa regionale – è il «temporaneo ancoraggio al suolo». «Nel nostro caso – scrivono gli inquirenti – sono poggiate su una fondazione di 12 pali in castagno, infissi nel terreno e gli allacci ai servizi predisposti per ogni casetta sono quelli tipici delle civili abitazioni e non del tipo a baionetta per il quale è prevista la facile rimozione». In conclusione «siamo di fronte a una definitiva e complessiva alterazione dello stato dei luoghi non supportata da adeguati titoli edilizi ambientali».
Accusa 1: La lottizzazione abusiva
L’accusa principale che la Procura della Repubblica muove nei confronti di Riccardo Mariotti, 46 anni, livornese residente a Castagneto Carducci, unico indagato nell’inchiesta sulle presunte irregolarità all’interno del Resort Paradù in qualità di amministratore unico della Medonoratico Srl, è quella di lottizzazione abusiva. Secondo i pubblici ministeri Gianfranco Petralia e Fiorenza Marrara, l’imprenditore avrebbe «realizzato nell’ex Club Med opere di urbanizzazione prima inesistenti». A cominciare dalla rete idrica, elettrica, fognaria e viabilità di servizio in cemento, «collocandovi 193 unità prefabbricate – si legge ancora nel capo d’imputazione – nonché almeno cento ulteriori unità in corso di costruzione con fondamenta in legno a 12 pali già installate per il successivo inserimento di altrettante unità prefabbricate». Scrivono nella relazione conclusiva allegata all’inchiesta gli investigatori descrivendo come i connotati del territorio sarebbero mutati. «Lo stato iniziale – si legge – mostrava un territorio in larga parte libero da manufatti ed organizzato, per una parte limitata e concentrata, mediante capanne polinesiane» . «A progetto completato, invece, – per come indicato nella planimetria in sequestro – la volumetria finale occupata andrebbe a superare di più di 2000 volte quella iniziale».
Accusa 2: L’assenza del titolo abilitativo
La seconda contestazione che viene mossa all’amministratore del Resort è quella di aver realizzato le opere all’interno del villaggio «in assenza del titolo abilitativo», a cominciare dal permesso a costruire poiché non si tratta di strutture mobili bensì fisse. «Installava – recita il capo d’imputazione – nell’area dell’ex Club Med 193 unità prefabbricate, nonché ulteriori cento in costruzione, realizzate in legno, con tetto a due falde, dotate di coibentazione, area condizionata e riscaldamento, allacci fognari, rete idrica, stabilmente ancorate al suolo con un sistema di fondamenta in legno a 12 pali in castagno piantati nel terreno, della superficie media di 45 metri quadrati, con allacci anch’essi stabilmente incassati; altresì realizzava, senza alcun titolo abilitativo, dei vialetti di accesso in cemento che portano ad ogni unità prefabbricata, così causando una definitiva alterazione dello stato dei luoghi». Ancora più nello specifico, la contestazione deriva dal fatto che le casette non sarebbero costruzioni mobili bensì immobili. «Sono piantate al terreno – scrivono gli inquirenti – e anche gli allacci prescritti per ogni casetta sono quelli tipici delle civili abitazioni e non del cosiddetto tipo a “baionetta” per il quale è prevista la facile rimozione».
Accusa 3: Il paesaggio è stato stravolto
Il paesaggio intorno al Resort sarebbe stato stravolto, una modifica effettuata dalla proprietà – secondo la Procura – senza alcuna autorizzazione visto che si tratta di un’area «dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a vincolo». Invece – si legge negli atti dell’inchiesta «sono state installate all’interno del villaggio un numero di unità prefabbricate superiori a quelle autorizzate (essendo l’autorizzazione in questione rilasciata esclusivamente per la sostituzione dei precedenti tucul (capanne polinesiane) in un numero non superiore a 231 con nuove case mobili, nonché installava senza alcuna autorizzazione paesaggistica dei vialetti in cemento». Infine «apportava modifiche non autorizzate ai 4 prototipi di case mobili depositati agli atti del procedimento». Per questo tipo di reato viene chiamata in causa, come parte raggirata, anche la Soprintendenza. Si perché l’ok per l’installazione delle case mobili, è stato rilasciato «solo all’installazione dei 4 prototipi». Infine l’autorizzazione paesaggistica data per la sostituzione della capanne con le case mobili «mette il divieto del taglio degli alberi e di modifica delle dune, cosa che invece – secondo la Procura – sarebbe avvenuta».
Accusa 4: E spunta pure il rischio sismico
Spuntano anche il rischio sismico e l’alterazione delle bellezze naturali nelle contestazioni che i pubblici ministeri fanno per la realizzazione del Resort di Castagneto Carducci sequestrato lo scorso 3 dicembre. Secondo la procura infatti la proprietà non avrebbe tenuto conto che la località Paradù, dove sorge il villaggio turistico, è un’area classificata a rischio sismico e dunque la realizzazione di opere di urbanizzazione devono essere comunicate alla Regione. Invece la Medonoratico srl «avrebbe costruito 193 unità prefabbricate stabilmente ancorate al suolo, nonché ulteriori opere di urbanizzazione primaria (rete idrica, elettrica, fognaria e viabilità di servizio in cemento), senza provvedere alle prescritte preventive comunicazioni al competente ufficio tecnico della Regione». Infine, l’ultima contestazione riguarda «l’alterazione delle bellezze naturali», un reato per il quale si rischia una ammenda fino a 7mila euro. Perché avrebbe «apportato modifiche non autorizzate all’area del bosco (taglio degli alberi non finalizzato al rimboschimento, bensì a realizzare uno stabile ancoraggio al suolo dei prefabbricati, nonché realizzando delle modifiche non autorizzate delle dune».
«Nessun reato, si smonta tutto in poche ore»
L’avvocato Talini ha presentato ricorso al Riesame per il dissequestro: storia assurda, tutto in regola
«Questa vicenda giudiziaria è emblematica di come funzionino le cose in Italia. Per riqualificare questo villaggio sono stati investiti capitali, dietro c’è un impegno, l’esposizione con le banche e un forte ritorno sul territorio in termini economici e occupazionali. Ecco, nonostante questa premessa e tutti i permessi del mondo in mano alla proprietà, sono bastate una denuncia anonima e una consulenza per mettere a repentaglio tutto questo bene». L’avvocato Marco Talini, che difende con un collega fiorentino l’imprenditore Riccardo Mariotti, parte dall’universale per andare nel particolare dell’indagine confermando di aver già presentato al tribunale del Riesame di Firenze una «dettagliata» richiesta di dissequestro dell’area che sarà discussa intorno alla metà di gennaio. «Forniremo ai giudici – va avanti – tutto il materiale necessario per metterli nelle condizioni di comprendere con certezza che è tutto in regola. In questo mese – rivela – abbiamo fatto eseguire perizie, relazioni e costruito una memoria che credo possa chiarire tutto quanto». Al centro delle contestazioni della Procura che hanno portato al sequestro del villaggio, la natura del Resort: non una struttura mobile, bensì un paese immobile. «Dietro a questa accusa c’è un pregiudizio senza fondamento – è la replica – Io sono stato all’interno dell’area e ho potuto verificare che è possibile smontare tutte le strutture in poco tempo. Ad esempio la rete fognaria è attaccata alle strutture con i cosiddetti attacchi a clarinetto che si staccano in un giorno. I pali in castagno, invece, si tolgono in poche ore, così da poter staccare tutti i moduli temporanei che costituiscono la struttura». L’aspetto che preoccupa di più sia i proprietari che i loro avvocati, sono le conseguenze a cui il sequestro può portare. «Nel caso in cui il Riesame non accetti la nostra richiesta – conclude l’avvocato – ci saranno delle conseguenze negative a catena. Questo è il periodo delle prenotazioni per l’estate e dunque se non cambiano le cose il villaggio rischia di restare o chiuso o vuoto. E dire che l’intento della proprietà era quello di riportare in auge il villaggio trasformandolo da un posto hippy com’era negli anni Settanta nel meglio che si possa trovare in fatto di turismo sostenibile rispettando la natura».
Federico Lazzotti – Il Tirreno 3.1.2015