Ecomostro Bahiahybe (San Vincenzo): Tar dalla parte dei cittadini

Ecomostro Bahiahybe (San Vincenzo): Tar dalla parte dei cittadini

Un’altra estate col mostro di cemento. Si riaccende la protesta degli abitanti di via del Tirreno contro lo scheletro abbandonato dello stabilimento balneare.
Dopo la curva di via del Tirreno, è facile notare un cartello collocato su una colonna dello scheletro dello stabilimento balneare. Sopra vi è scritto: “Chi ha permesso questo scempio deve andare in galera”. Lo scheletro d’acciaio e cemento di quello che è (o doveva essere) lo stabilimento Bahiahybe è lì da quattro anni, con i pilastri ben piantati nell’arenile. Solo il bar posato su una palafitta di legno e la piccola spiaggia in concessione hanno finora funzionato.

Al posto dell’inquietante scheletro, doveva esserci un ristorante e uno spazio per ginnastica e relax. Gli abitanti di via del Tirreno, che si sono visti portar via le isole dell’arcipelago dagli occhi, lo considerano il vero ecomostro di San Vincenzo. Il Tar ha dato ragione ai cittadini che hanno fatto ricorso contro l’altezza della nuova struttura che ha tolto loro completamente la vista del mare. I giudici hanno stabilito che la struttura deve essere abbassata di un metro dalla base e di un metro in altezza.

«Ma vi sono ancora ricorsi – dice il sindaco Michele Biagi – da parte della proprietà, la società Acquachiara, nei confronti dei condomini. Al momento tutto è in stand by». Un’altra estate con l’ecomostro. Questo è ciò che si profila per chi frequenterà la spiaggia libera adiacente il Fosso delle Prigioni. Ma la questione non riguarda il solo Bahiahybe. Tutta la zona versa in una desolante situazione di degrado. Una pompa continua a gettare fuori liquidi dagli odori nauseabondi. Ci sono tubi in acciaio e rifiuti sulla spiaggia davanti allo scheletro dello stabilimento, erba alta e folta sul letto del Fosso delle Prigioni, con scarichi volanti provenienti dal boschetto limitrofo.

«Siamo arrabbiati col Comune – spiegano due coniugi che abitano qui – Stiamo pensando da tempo di trasferirci altrove. È inverosimile che in tanti anni non si sia trovato il modo di far sparire questo scempio. Costerebbe meno – proseguono – buttarlo interamente giù e costruire una palafitta in legno, bella e rispettosa del paesaggio, piuttosto che adeguare l’orribile struttura presente. Sembra di stare negli squallidi bassifondi di una metropoli». L’atmosfera, tra gli abitanti della zona, è di rabbia e frustrazione. «Questo è uno scempio – dice un altro residente in zona – che dovrebbe fare il giro d’Italia, altro che l’ecomostro dei Lecci». I condomini di via del Tirreno hanno vinto il loro ricorso al Tar, ma a quanto pare la situazione è lungi dal concludersi.

Accanto allo stabilimento, troviamo da molti mesi un grosso cassone contenitore di palline di mare, considerate da qualcuno, non si sa perché, alla stregua di rifiuti da togliere e gettar via. La parte bassa del Bahiahybe, nello spazio di circa un paio di metri dalla spiaggia al pavimento, diventa ogni anno, da maggio a ottobre, il luogo di ricovero di molti ambulanti e senza casa. Ancora più in là, ecco il circolo nautico, con il suo prefabbricato bianco e le barche stazionate alla rinfusa nel misero spazio a disposizione, fra tubi, cattivi odori e, poco più in là, strani marciapiedi posati sul letto del fosso.

Ciò che dichiara il sindaco non sembra proprio essere confermato dalla gente del posto: «Cercheremo – dice Biagi – di tenere la zona nel migliore dei modi, come d’altronde abbiamo sempre fatto». Intanto un’altra estate si avvicina.
Paolo Federighi -Il Tirreno 01.04.2012

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