Erosione a Baratti: il problema potrebbe essere risolto diversamente

Ci scrive Loreno Staccioli:

Leggendo l’articolo del problema di Baratti e facendo parte della comunità di surfisti locali da più di venti anni, risollevo il problema erosione a mio avviso irrisolto (e per giunta con un ingente quantitativo di  denaro sprecato) poiché come tutti avranno notato con il posizionamento dei sacchi in prossimità della chiesa di San Cerbone, il prato al lato del podere Casone sia già cospicuamente eroso ! Faccio voce al vostro comitato allegandovi un link (*) molto interessante per una risoluzione a mio avviso più duratura nel tempo meno invasiva esteticamente e produttiva per chi pratica lo sport del Surf.

Certo  della vostra considerazione una stretta di mano
Loreno Staccioli

(*) http://www.surfcorner.it/wp-content/uploads/2020/06/reef-artificiale-abruzzo.pdf 

(Documento del CURSA – Consorzio Universitario per la Ricerca Socioeconomica e per l’Ambiente)

Qui le informazioni che interessano la lotta anti-erosione a Baratti:

Gli ultimi 10 anni di esperienze e di ricerche nell’ambito della gestione dei litorali ci hanno fortunatamente insegnato delle importanti lezioni che, anche grazie alla disponibilità di nuovi materiali per la realizzazione delle difese, ci danno la possibilità di realizzare interventi di stabilizzazione sicuramente meno invadenti di quelli tradizionali.

Uno dei principi fondanti della Gestione della Zona Costiera è quello secondo cui l’intervento deve cercare di assecondare al meglio la naturale evoluzione dei fenomeni litoranei.

Chiunque frequenti una spiaggia sa (e gli operatori del settore ne sono consapevoli) che anche lungo un litorale all’apparenza omogeneo e lineare si formano, naturalmente, delle zone di deposizione (secche) e delle zone di scavo (canali). Questa alternanza di forme morfologiche è dovuta al fatto che l’acqua spinta verso riva dal frangimento delle onde ha bisogno di sfogarsi verso il largo e lo fa scavandosi dei canali nella sabbia che, durante le mareggiate, sono interessati dalla presenza di una corrente che porta al largo (per questo i bagnini fanno molta attenzione alla presenza delle secche e dei canali quando il mare è mosso: un nuotatore inesperto può essere facilmente trasportato al largo nel canale).

L’intervento di protezione e consolidazione della spiaggia, del tutto innovativo per le coste italiane, ma già sperimentato con successo in alcuni altri ambiti internazionali, consiste nel rinforzare le secche, creando, dove necessario, delle secche artificiali (“artificial reef” nella denominazione inglese). Tra la singola secca e la spiaggia l’energia del moto ondoso è smorzata, a causa del frangimento delle onde indotto dalla secca medesima. Tale area diventa quindi una zona di deposizione e di stabilizzazione del naturale sedimento della spiaggia. Quand’anche sia necessario effettuare un ripascimento artificiale, per ripristinare la lunghezza desiderata della spiaggia affetta dall’erosione o, nel tempo, per ripristinare la quota parte di sedimento dispersa dal mare verso il largo e non sopperita dalle foci fluviali, le secche artificiali fungeranno da stabilizzazione del sedimento riportato sulla battigia.

Le secche artificiali sono realizzate normalmente in corrispondenza di una profondità dell’acqua di 4 o 5 m, innalzando il fondo fino a 1 o 2 m sotto la superficie del medio mare. Possono avere mediamente una larghezza della base di 50 m ed essere realizzate a “V rovesciata” con il vertice verso il largo, in modo da favorire il frangimento delle onde che arrivano da tutte le direzioni (sia da destra che da sinistra, per chi guarda il mare) abbattendone l’energia in modo continuo e progressivo (e non in modo impulsivo ed immediato come fanno le scogliere frangiflutti longitudinali, attorno alle quali si determinano indesiderati fenomeni di erosione localizzata con perdita di sabbia in sospensione verso il largo).

Un attento studio della dinamica litoranea, che è possibile realizzare, oggigiorno, con i sofisticati modelli di simulazione numerica allo stato dell’arte resi disponibili dalla ricerca scientifico-tecnica, permette di ottimizzare forma, posizione e frequenza delle secche artificiali lungo il litorale di intervento, in funzione del clima caratteristico del moto ondoso, della batimetria della spiaggia, della tipologia del sedimento.

Fig. 1

Riassumendo, le secche artificiali presentano queste caratteristiche positive: non si vedono (essendo realizzate al di sotto del livello del mare) e quindi non alterano l’aspetto paesaggistico della spiaggia; non intaccano la continuità della battigia dando modo ai fruitori della spiaggia di correre o camminare come nelle condizioni naturali; non alterano la circolazione idrodinamica sotto riva, mantenendo il naturale ricircolo delle acque; tuttalpiù determinano la formazione di salienti nelle basse profondità, zone di acque basse dovute al deposito dei sedimenti che normalmente sono apprezzate dai bagnanti per i giochi d’acqua e il nuoto dei piccoli.

Ogni singola secca artificiale manifesta il suo effetto positivo in un tratto di circa 3-500 m di spiaggia. Per la protezione di un tratto esteso è da considerare la realizzazione di una batteria di secche, non necessariamente poste alla stessa distanza e con le medesime caratteristiche, ma ottimizzate in funzione delle caratteristiche locali.

Inoltre, nel corso delle mareggiate le secche artificiali regolarizzano il frangimento delle onde, migliorandone il loro utilizzo per gli amanti degli sport acquatici.

Come sono realizzate le secche artificiali? Anche su questo tema la tecnologia di intervento costiera e marittima ha fatto significativi passi avanti, proponendo soluzioni meno invasive degli scogli e più “morbide”. Si tratta dei cosiddetti “geotubi”, calze di innovativi tessuti artificiali (i tessuti/non tessuti) resistentissimi e ormai lungamente collaudati all’aggressione marina, che vengono riempiti con la sabbia presa in posto.

Fig. 2

Le moderne tecnologie di confezione, posa e riempimento, consentono di realizzare geotubi di grandi dimensioni, fino a 4/5 m di diametro, dando la possibilità di adattare la migliore soluzione geometrica alle caratteristiche locali della spiaggia. I geotubi sono flessibili, non rigidi, e pertanto si adattano alla conformazione dei fondali, seguendone l’evoluzione. La loro superficie, per quanto ruvida, non è dura come quella degli scogli. La realizzazione dell’intervento in geotubi, riempiti con sabbia locale (o presa dai fondali di poco più al largo per non sottrarre sedimento alla spiaggia attiva), risparmia al territorio e all’ambiente i notevoli costi di movimentazione dei massi dalle cave fino alla costa.

Fig. 3