Il piano delle attività estrattive della Provincia di Livorno è da rivedere profondamente

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, a sostegno della preziosa attività del Comitato per Campiglia, ha inoltrato (10 marzo 2014) un atto di intervento con “osservazioni” nel procedimento per l’approvazione del Piano delle attività estrattive, di recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili (P.A.E.R.P.) della Provincia di Livorno.

Ai sensi della legge regionale n. 78/1998, la Regione Toscana ha approvato il Piano regionale delle attività estrattive – P.R.A.E.R. (deliberazione  Consiglio Regionale n. 27 del 27 febbraio 2007) e demandato alla Province la predisposizione del P.A.E.R.P., cioè “l’atto della pianificazione settoriale attraverso il quale la Provincia attua gli indirizzi e le prescrizioni dei due settori del P.R.A.E.R.” (Piano regionale delle attività estrattive, di recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili). Settori concernenti rispettivamente i materiali per usi industriali, per costruzioni e opere civili (Settore I) ed i materiali ornamentali (Settore II).   Il P.A.E.R.P., inoltre, come piano di settore, è elemento del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (art. 9 della legge regionale n. 78/1998) e, come qualsiasi atto di governo del territorio, è assoggettato alla disciplina della procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.).

Con deliberazione n. 54 del 17 aprile 2012 la Giunta provinciale ha dato avvio al procedimento per la redazione del P.A.E.R.P. e ha dato avvio inoltre alla procedura di V.A.S. (qui il Documento per la fase preliminare) e con la successiva deliberazione Consiglio provinciale n. 3 del 10 gennaio 2014 è stato adottato il piano, il cui avviso è è stato pubblicato sul B.U.R.T. n. 4 (parte III) del 29 gennaio 2014.

Se è vero che il piano adottato contiene obiettivi e indirizzi positivi, tuttavia appare oggettivamente da rivedere radicalmente perché risulta basato su rilevamenti ormai ampiamente superati (2000-2002) e su fabbisogni decisamente superati, non tenendo conto nemmeno delle riduzioni di materiali attualmente rilevabili (circa il 35% in meno dei volumi estratti in precedenza).

Non sono considerati nemmeno gli utilizzi dei materiali riciclati dall’impianto Tecnologie ambientali pulite – T.A.P. (piattaforma polifunzionale per la produzione di miscele idrauliche catalizzate) di Piombino per la realizzazione dell’ampliamento del porto di Piombino e dell’Autostrada Tirrenica.

In base al piano adottato, il territorio di Campiglia e la Val di Cornia sono definiti il “distretto toscano delle attività estrattive”: viene estratto oltre l’80% dei materiali di cava di tutta la Provincia e ben il 94% del calcare.

Dal 2001 al 2010 dalle cave di Monte Calvi, Monte Valerio e San Carlo sono stati scavati 13 milioni di metri di cubi di calcare e, secondo il piano, nei prossimi anni si potranno scavare altri 20,4 milioni di metri cubi, un volume che equivale a circa 68 mila abitazioni per una città di 200 mila abitanti.

Previsioni veramente esagerate, assolutamente ben poco rispettose dei valori ambientali e storico-culturali di Campiglia Marittima e della Val di Cornia.  Un piano, quindi, da rivedere profondamente.

p. Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Stefano Deliperi

ulteriori informazioni su http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com

grig

Sulla stampa:

La Nazione 12.3.2014:

CAMPIGLIA LE «OSSERVAZIONI» DELL’ASSOCIAZIONE GRUPPO DI INTERVENTO GIURIDICO
«Cave, piano tutto da rivedere»
Sulla stessa linea anche il presidente del Comitato Alberto Primi

«Il piano delle attività estrattive è da rivedere profondamente». A bocciarlo è il Gruppo d’intervento giuridico, l’associazione ecologista da sempre a sostegno dell’attività del Comitato per Campiglia, ha infatti inoltrato un atto di intervento con “osservazioni” nel procedimento per l’approvazione del Piano delle attività estrattive, di recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili (P.a.e.r.p.) della Provincia di Livorno. Ma le stesse osservazioni sono state fatte dal presidente del Comitato per Campiglia, Alberto Primi, durante l’assemblea della Rete dei Comitati.
«Il piano delle attività estrattive si basa su dati ormai superati – spiega Primi – dimentica di indicare l’esistenza di un impianto di riuso dei materiali di scarto delle acciaierie in grado di trattare milioni di metri cubi di scorie e non promuove fattivamente processi di riutilizzo di materiali riciclabili; non suggerisce alla Regione neppure quali sono i provvedimenti legislativi ed economici necessari per raggiungere gli obbiettivi che dice di voler attuare. Inoltre non auspica una nuova definizione dei canoni a livello quantitativo e di destinazione che permettano di sviluppare il recupero delle cave dismesse e di dare gli incentivi necessari a sviluppare attività di recupero di materiali da riciclare – continua Primi – sceglie poi di trasformare il campigliese in un distretto estrattivo rendendo ancora più critica la situazione ambientale, già dichiarata preoccupante dallo stesso Piano, e soffocando le possibilità di sviluppo di attività in crescita in ambito agricolo e turistico. Non tiene sufficientemente conto delle direttive europee sopraggiunte dopo la attivazione del Piano stesso, né delle indicazioni del Piano paesaggistico che è stato completato e posto all’esame della Commissione regionale. In base a queste constatazioni possiamo dire che il Piano provinciale, adottato nel gennaio 2014 e valido fino al 2022, è totalmente da respingere e che l’opzione già delineata nella relazione del Piano, e respinta, “di proporre un piano che non individuasse alcuna nuova previsione localizzativa e che si limitasse a confermare i siti attualmente in attività fino alla scadenza delle autorizzazioni senza ulteriori rinnovi”, sembra invece essere l’unica soluzione corretta visto che la normativa regionale (78/98) è in corso di rielaborazione, che i canoni sono stati definiti nel 2000 con finalità superate dalle nuove esigenze per ripristini e riciclo».
Sulla stessa linea anche il Gruppo d’Intervento Giuridico onl: “Dal 2001 al 2010 dalle cave di Monte Calvi, Monte Valerio e San Carlo sono stati scavati 13 milioni di metri di cubi di calcare e, secondo il piano, nei prossimi anni si potranno scavare altri 20,4 milioni di metri cubi, un volume che equivale a circa 68 mila abitazioni per una città di 200 mila abitanti. Previsioni veramente esagerate, assolutamente ben poco rispettose dei valori ambientali e storico-culturali.Un piano, quindi, da rivedere profondamente».