Intelligenze collettive, dal golfo di Baratti alla rada di Portoferraio – Si esprime il prof. Franco Cambi (Uni Siena)

Scrivo queste righe sulla scia di un evento probabilmente poco commentato all’Elba. In breve: in estate il Comune di Piombino aveva elaborato e posto in rete una bozza di piano particolareggiato relativo alla futura ridefinizione urbanistica dell’area di Populonia e del golfo di Baratti.

Il Piano, così come era congegnato, prevedeva trasformazioni importanti e irreversibili nel golfo, tali da comprometterne alcuni aspetti, per così dire “caratteristici” e “identitari”. Alla diffusione della bozza ha fatto seguito un vero e proprio sisma mediatico. Il Piano è stato letto da molte persone diverse da vari punti di vista (politico, sociale, culturale) e diverse anche dal punto di vista degli interessi economici.

Il Piano presentava numerosi punti critici, a detta dei più, tanto che si è presto costituito il Comitato “Giù le mani da Baratti”, vivace spazio di discussione sul tema. Chi desiderasse approfondire la questione oltre questo mio riassuntino può andare sul sito del Comitato (http://www.comitatopercampiglia.it).

Di fronte ad un fermento inarrestabile di suggerimenti, critiche, proteste, il Comune di Piombino ha deciso di aprire, di concerto con la Regione Toscana, un percorso partecipativo, volto al maggior coinvolgimento possibile della cittadinanza. Per quattro mesi si è svolto un dibattito serrato, a tratti aspro, sempre appassionato, organizzato dalla Sociolab di Firenze e coordinato dal garante regionale Massimo Morisi. I sopralluoghi a Baratti e a Populonia e successivamente i laboratori tenutisi a Piombino, hanno permesso di analizzare i diversi aspetti del piano. Ai tavoli dei laboratori hanno partecipato semplici cittadini, residenti a Baratti, imprenditori del turismo, turisti, archeologi. Amministratori e funzionari del Comune hanno partecipato agli incontri in maniera imparziale. Contestazioni e suggerimenti sono stati raccolti dal garante e consegnati al sindaco Anselmi.

Il percorso si è concluso giovedì 3 marzo, a Piombino, presente l’Assessore regionale al Governo del territorio Anna Marson. La capacità di interrelazione dei cittadini, delle istituzioni, delle categorie e degli istituti di ricerca, ha prodotto, alla fine, un progetto all’altezza del valore del contesto che caratterizza Baratti. Non c’è niente che non sia stato detto (anche cose che potevano apparire radicali) ma tutto quello che è stato detto è stato detto in maniera civile e tollerante. Ognuno ha spiegato le proprie ragioni sforzandosi di uscire fuori dalle proprie vesti (economiche, ideologiche, culturali).

A seguito di un intenso lavoro, di molti confronti, e di una grande esperienza di democrazia, la giunta comunale ha esposto i nuovi orientamenti assunti sul piano particolareggiato del Golfo. L’archeologia, il paesaggio e l’ambiente, ovvero gli elementi identitari del golfo, sono tornati al centro della scena. L’archeologia è stata assunta come «matrice di tutte le scelte possibili».

L’assessore Marson ha definito Baratti come «un’area che necessita di un’attenta manutenzione su cui incentrare uno specifico modello di sviluppo», una “icona unica” nel contesto non solo regionale ma nazionale, per il concentrato di valori archeologici, storici, paesaggistici.

Chi ha vinto? Ha proprio ragione Anna Marson: “l’intelligenza collettiva”. E’ questo risultato che ha fatto dire all’assessore che «c’è stato un salto qualitativo evidente dalla bozza del piano che ho avuto tra le mani tre mesi fa e il rapporto finale sull’esito della partecipazione».

A conclusione di questa esperienza, il pensiero non poteva non andare alla rada della mia vecchia Portoferraio. Alla luce della esperienza a Baratti so che ogni progetto è suscettibile di sostanziali miglioramenti.

Il progetto che mira a trasformare la “vecchia rada” in uno scintillante “waterfront” è molto parziale e non tiene minimamente conto dei quadri ambientali e dei profili di paesaggio. Fra l’altro, quand’anche si potessero mitigare, e anche di molto, le misure urbanistiche previste per la rada nel suo complesso, non si capisce come evitare l’inevitabile: la definitiva devitalizzazione e defunzionalizzazione del centro storico di Portoferraio, luogo nel quale bisognerebbe, sì, investire, attraverso misure adeguate al contesto.

Nel nuovo waterfront nascerebbe una new town verso la quale migrerebbero servizi e attività economiche di vario ordine e grado. Qualcuno dovrebbe poi spiegare perché, e sulla base di quali presupposti, si è decisa la morte di una delle cittadine più particolari del Mediterraneo dal punto vista urbanistico. L’esperimento, fallito, è già stato fatto a Marsiglia con costi sociali, anche collettivi, incalcolabili.

La cosa più giusta che ha fatto il Comune di Piombino è quella di cercare il dialogo con amministrazioni ad esso sovraordinate (la Regione, grazie anche ad un amministratore competente come Anna Marson) e con i propri cittadini (elettori e non).

L’errore più grosso che la Amministrazione di Portoferraio sta facendo è quello di evitare il confronto con i propri cittadini (elettori e non). Basta porre una domanda: “come vorresti che fosse la rada di Portoferraio?”. A volte gli amministrati devono essere considerati non come unità di voto ma come soggetti pensanti, che possono dare una mano anche in fase di progettazione.

Se questo non accade, alla fine il danno sarà di tutti: della rada di Portoferraio, irrimediabilmente e irreversibilmente compromessa; dei cittadini di San Giovanni, espropriati del loro luogo e delle loro memorie in cambio di un non-luogo; di Portoferraio, ridotta a decadente appendice di un outlet; degli Elbani di domani, che cercheranno invano nelle foto e nelle cartoline lasciate dai loro nonni una risposta alla domanda: “perché?”.

Prof. Franco Cambi – Università degli Studi di Siena

Tratto da Elbareport