La bella lettera di Paolo Federighi al Comitato Giù le mani da Baratti

Ho avuto la fortuna, nella mia relativamente breve esistenza, di girare un po’ di mondo e visitare luoghi eccezionali. Nonostante ciò, non sono ancora riuscito a trovarne uno più sublime e magico di Baratti.

Baratti è uno dei luoghi più belli al mondo, e non molti stanziali, proprio per esser tali, se ne rendono conto.

Baratti è il mio luogo preferito. Quando ho bisogno di un po’ di tranquillità, in un’atmosfera quasi avulsa dalla realtà, vado a Baratti. Amo questo luogo visceralmente, e vi trascorro i pomeriggi estivi di tempo libero. Amo questo luogo, e ogni settimana, almeno una volta, durante il rigido inverno, devo visitarla.

L’idea di vedere Baratti diversa da come è adesso, è per chi l’ama un durissimo colpo. Ma tolti i motivi sentimentali (che mai, tuttavia, contano poco), Baratti è un patrimonio di tutti, così com’è. Baratti non è una questione partitica. E’ una questione politica, nel senso etimologico e originario del termine, e, di conseguenza, una questione culturale, storica, sociale.

Nonostante molti vogliano apporre e collocare bandiere di partito a chi non la pensa come chi comanda, molto semplicemente mi domando: chi potrebbe essere, RAGIONEVOLMENTE, contrario alla tutela di Baratti? Chi potrebbe, RAGIONEVOLMENTE, pensare ad alberghi, spiagge private e quant’altro a Baratti?

Stesso discorso per Rimigliano: chi potrebbe, RAGIONEVOLMENTE, pensare a riempire di cemento una tale ricchezza naturale se non vi fossero soldi dietro? Nessuno, ovviamente. E’ un gioco da ragazzi rispondere, così come per ragazzi, e perfino assai tonti, qualcuno crede di trattare l’opinione pubblica più sensibile.

Il gioco, dicevamo. Sì. Questo gioco dello “sviluppo sostenibile”, dell’“equilibrio fra tutela dell’ambiente e turismo” e chi più ne ha più ne metta, beh, è diventato obsoleto e per molti versi grottesco e ridicolo. Quale logica di interesse pubblico potrebbe arrivare ad escogitare un albergo di lusso e un pezzo di spiaggia privata a Baratti? Nessuna. E’ fin troppo chiaro. La politica, purtroppo, e di qualunque colore essa sia, tarantolando tra impossibili peripezie avveniristiche, cercando di mantenersi in equilibrio sul circense filo che separa il senso ed il non-senso, l’onestà e la vergogna, continua a proporre falsi modelli di sviluppo vecchi di decenni, pensando all’immediato di pochi e non pensando al danno irrimediabile che tali scelte comporterebbero per tutti.

E poi si viene a tirar fuori il problema della destagionalizzazione, specie a San Vincenzo, quando ciò che servirebbe in mille modi per destagionalizzare, e che è lì da secoli, sta per essere lottizzato. Se a pensare di cementificare ciò che abbiamo di più prezioso non fosse la politica, ma un nostro amico ad una cena fra intimi, lo prenderemmo per i fondelli vita natural durante. Ma siccome ad escogitare simili geniali ammuffite trovate è la “politica”, allora si “deve” persino ragionare, cercare di dialogare; alcuni persino dicono sì, impauriti da ritorsioni possibili, altri ci pensano profondamente (impauriti dai possibili effetti di un eventuale ludibrio a cui potrebbe essere sottoposto da chi sventola la bandiera dell’arrogante poteruncolo), altri ancora si astengono, ecc.

Quelli che si oppongono, ovviamente, a certe idee, sono “perseguiti” dalla locale tremebonda inquisizioncella popolare, vile pianura percorsa dai lacchè e simili. Collocati nell’inesorabile INDEX, sono considerati TERRIBILI COMUNISTOIDI O INSURREZIONALISTI ROSSI, NIPOTINI DI STALIN, insomma, come il nostro nano-premier ci ha tristemente insegnato.

Dico: ma vi rendete conto della deriva di questa politica? Vi rendete conto della deriva di quello che chiamavamo popolo, sempre più ridotto a popolaccio, di loschi e tristi figuri rantolanti dietro le orme di chi potrà fare favori al figlio, alla figlia, alla nipote, o magari di chi potrà fargli avere un permessino o una licenziuccia?

Perché questa è la realtà: l’ho detto in tante occasioni, lo ripeto e lo ripeterò, nonostante buffi individui abbiano tentato con minaccette e avvertimenti di inculcarmi la loro sporca saggezza dello stare in silenzio e battere le mani.

E poi i politici si lamentano dell’esistenza dell’anti-politica, che la stessa politica – come ha detto Rossano Pazzagli – ha creato. (E la gente del branco, riunita e sorridente, applaude il pastore). Non scherziamo, per favore. Se questo di Baratti e Rimigliano è uno scherzo, ditemelo. Ma, vedendo che oltre 3.000 persone si sono riunite per scongiurare almeno uno di questi pericoli (per l’altro, nel paesello del silenzio omertoso, ci sarà poco da fare), ho la sensazione che non si tratti di uno scherzo…

Mi dispiace. Mi dispiace soprattutto di avere così tante difficoltà a calarmi in questo tipo di realtà. Vi sono momenti in cui mi chiedo se io non possieda la sufficiente maturità per entrare in certi meccanismi. Poi, come in tutti i meccanismi, se provo, come semplice ingranaggio, a forzare l’ingresso nella macchina, vedo che l’ingranaggio (io) si inceppa, ma la macchina continua ad avanzare nel suo moto.

Non me lo spiego, ma tutto mi risulta chiarissimo. Personaggi del potere locale che a sentire la parola “tutela” o “comitato” si arrabbiano e rispondono con il fiele e manca poco che alle due parole sostituiscano gli altri sostantivi di “straccione” o “pezzente”, che non accettano di essere messi in discussione e dentro la discussione, che non accettano di aver preso risibili cantonate, che ti collocano in una virtuale-reale lista nera di individui CONTRO. PRO o CONTRO. O sei PRO o sei CONTRO. E nella mente di certi uomini di potere tutto finisce lì.

Perché non chiedersi il motivo di un Comitato con oltre 3.000 iscritti? Ci sarà qualche ragione o sono tutti AMBIENTALISTI (“ambientalista” è divenuta per il potere locale una parola offensiva in cui catalogare certa SINISTRA DEL NON FARE)? Sì. Oggi sono tutti “politici del fare”. Ma nessuno si chiede se sia più opportuno “fare bene” piuttosto che “fare”; se sia più opportuno, a volte, “non fare” piuttosto che “fare”.

Bisognerebbe chiedersi: fare che? Fare cosa? Ma a quanto pare, basta “fare”. E quando si parla di “fare”, qui dalle nostre parti ed altrove, chissà come mai si parla sempre di urbanistica ed edilizia. Quindi, tradotto: “fare case”, “fare alberghi”, ecc. Nessuno si è mai posto la domanda: si può fare diversamente? Perché ci sono luoghi dove si fa diversamente e con ottimi risultati? Invece…Si vuole rilanciare l’economia? Case. Si vuole rilanciare l’economia? Case, manodopera e posticini di lavoro. Si vuole rilanciare l’economia? Alberghi di lusso. Si vuole rilanciare l’economia? Alberghi di lusso e pezzi di spiaggia privata. Si vuole rilanciare l’economia? Porti turistici e via le spiagge.

Insomma, che sviluppo è? Non so, mi trovo in forte imbarazzo. Mi trascina il buon senso, e in questo credo. Ma del buon senso, purtroppo, con lo spostarsi dei limiti e dei confini tra gli opposti (bene-male, buono-cattivo, morale-immorale) in atto in questi anni, si ha un’idea assai elastica, tanto elastica da esser precaria, specchio di quell’intorno che ci tocca vivere e vedere.

Posso solo dire di credere, quindi, nel MIO buon senso, che tuttavia, con estrema gioia, noto negli ultimi tempi assomigliare a quello di un sempre maggior numero di persone, seppur sempre in minoranza.

Mentre scrivo, non riesco ad estrinsecare il dolore e l’incredulità davanti a simili proposte ed eventualità. Posso solo dire che il vostro Comitato, insieme al Comitato per Campiglia, è probabilmente il più alto messaggio di libertà e unione sociale, culturale e intellettuale per battaglie sacrosante e disinteressate che si sia verificato in questa nostra triste zona da tanti anni a questa parte.

AUGURI DI BUON 2011,

Paolo Federighi

Auguri anche a te Paolo e grazie. Queste parole ci danno la spinta per continuare.
CxC

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