La normativa regionale sull’attività estrattiva non può derogare alla disciplina nazionale di tutela ambientale e del paesaggio
Pronuncia di grande rilievo in tema di tutela ambientale e paesaggistica quella emessa in questi giorni dalla Corte costituzionale.
Le sentenza Corte cost. 16 settembre 2016, n. 210 ha dichiarato illegittime numerose disposizioni della legge regionale Liguria n. 6/2015 sull’attività estrattiva e altre deleghe ambientali agli Enti locali.
Il Giudice delle leggi ha, in pratica, demolito l’impianto normativo predisposto dalla Regione Liguria per la gestione delle attività di cava in rapporto con le normative di tutela ambientale.
In primo luogo, ha voluto ricordare che la tutela dell’ambiente s’identifica nel nostro Ordinamento un valore costituzionalmente protetto, una sorta di “materia trasversale” (Corte cost., n. 407/2002). Proprio la trasversalità della materia implica l’intersezione con “competenze diverse che ben possono essere regionali”, con la conseguenza che allo Stato sarebbe riservato solo “il potere di fissare standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali” (sentenza n. 407 del 2002). Alle Regioni non è consentito apportare deroghe peggiorative rispetto ai parametri minimi di tutela dell’ambiente fissati dalla normativa statale (Corte cost. n. 300/2013).
Non può, quindi, che essere illegittimo vincolo di mero raccordo (art. 3, comma 1°, della legge regionale Liguria n. 6/2015) fra piano regionale delle attività estrattive e piano territoriale di coordinamento paesistico, perché altera decisamente il principio di prevalenza gerarchica del piano paesaggistico, di cui all’art. 145 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. (codice dei beni culturali e del paesaggio), esplicativo della competenza statale esclusiva ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettera s, cost.
Analogamente illegittima l’assenza (art. 4, comma 1°, della legge regionale Liguria n. 6/2015) al momento dell’adozione del piano regionale delle attività estrattive del rapporto ambientale, documento fondamentale per la procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.) disposta dagli artt. 11, comma 5°, e 13, commi 1° e 3°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. (codice dell’ambiente).
Illegittima anche la previsione di inconferenti “margini di flessibilità” (artt. 8, comma 3°; 11, comma 2°; 17, commi 2° e 3°; 24, commi 1° e 2°, della legge regionale Liguria n. 6/2015) fra autorizzazione all’attività estrattiva e precedente autorizzazione paesaggistica, in palese violazione dell’art. 146, comma 4°, del codice dei beni culturali e del paesaggio. Dichiarate incostituzionali anche le previsioni di modifica del piano regionale delle attività estrattive (art. 23, comma 1°, della legge regionale Liguria n. 6/2015) senza il coinvolgimento del Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo, in violazione dell’art. 145, comma 5°, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i., dell’incremento fino al 25% dell’area di cava (art. 23, comma 2°, della legge regionale Liguria n. 6/2015) senza previsione di piano in quanto “irrilevante”, perché in violazione del principio di co-pianificazione di cui agli artt. 135, 143 e 156 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Infine illegittima anche la previsione della mera segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) per riempimenti dei siti di cava (art. 15, commi 1° e 2°, della legge regionale Liguria n. 6/2015) in violazione degli artt. 208, 214 e 216 del codice dell’ambiente, anch’esso attuativo della competenza statale esclusiva in materia ai sensi dell’art. 117, comma 2°, lettera s, cost.
Un freno alla cattiva attività legislativa delle Regioni e delle Province autonome in danno all’ambiente e al paesaggio.