Lettera aperta su taglie, gesti criminali, lotta politica e società – Scrive Nicola Bertini

Egregio Sig. Berrighi,
un errore è stato fatto, non solo da Lei. Ho sostenuto da subito che nulla c’entrano gli episodi di vandalismo con la politica. Continuo a sostenerlo certo del fatto che Lei stesso sia ben consapevole della diversa natura del gesto. Non mi interessa quanto sia piaciuta o dispiaciuta l’iniziativa, di sicuro effetto, del manifesto mortuario e non è lecito far confusione tra il merito della battaglia politica e l’abbattimento di alberi secolari. Su questi banali dati di fatto, da subito ignorati, si è innestata ora la triste vicenda della “taglia”. Mi trovo così costretto a mettere insieme in questa lettera argomenti e vicende che non devono essere confusi perché profondamente differenti.

Inutile giocare con le parole, una ricompensa per informazioni utili all’individuazione del colpevole è una taglia, non sono io o il Prof Pazzagli a dirlo, ma il dizionario della lingua italiana. L’Avv. Bianchi afferma che è legittimo ma nessuno ha detto il contrario. Le scrivo perché quest’iniziativa mi sembra triste, desolante e controproducente. Sono consigliere comunale da sette anni. Esaminando centinaia di atti prodotti dal Comune ho ritenuto alcune delibere e determine prive dei requisiti di legittimità e legalità. Ho indicato tali atti alle Autorità preposte senza bisogno di compensi economici. È sempre e comunque atto dovuto segnalare estremi di reato di cui siamo a conoscenza. La taglia per acciuffare il bandito è uno “strumento” che dovrebbe essere proibito in uno Stato di Diritto. Non solo con essa si privilegia l’indagine per il torto subito da chi può pagare la ricompensa, come evidenziato da Pazzagli, ma monetizzando il dovere di un cittadino, si opera una corruzione profonda dei valori comuni che stanno alla base del patto di convivenza. Si insinua, sottile e inarrestabile, la domanda: “Se denuncio, cosa ci guadagno?”

Il dovere del cittadino di affidare l’esercizio della sicurezza agli organismi preposti viene annullato. Altrove l’omertà è alimentata da minacce, dirette o trasversali, ma non pensi, sig. Berrighi, che simili iniziative siano meno dannose per la sicurezza. Sono sicuro che l’idea è nata dall’emotività e dalla desolazione nel constatare una barbarie ma temo Lei non abbia ben valutato gli effetti. In una società che ha imparato a mercificare qualunque cosa, la taglia è logica conseguenza della monetizzazione dei diritti operata ad ogni livello istituzionale. Non più diritto alla sanità pubblica e gratuita, non più istruzione aperta a tutti, non più acqua bene comune non più territorio risorsa collettiva e, ovviamente, non più legge uguale per tutti. Ecco che dopo i diritti si mercificano i doveri.

Ci sono molti reati, con le taglie, alcuni sono più uguali degli altri, non necessariamente per la loro gravità ma per il portafoglio di chi li subisce. Se la giustizia diventa fatto privato è meno grave sparare ad un disoccupato piuttosto che ad un ricco imprenditore, è meno grave molestare un bambino povero piuttosto che uno ricco, è più giusto – e conveniente – aiutare ad avere giustizia un potente piuttosto che un modesto impiegato. E se i pini di Rimigliano valgono una taglia di 30.000€, a quanto sta la vita di un senza tetto o l’esistenza di un lavoratore i cui diritti vengono violati? Interrogativi che scaturiscono spontaneamente da questa vicenda e ai quali non si può rispondere rimanendo all’interno del solco tracciato dalla nostra Costituzione.

Scrivo queste parole per ricordarLe che la società è un organismo complesso. Non si possono importare i cartelloni “wanted” e lasciare fuori la violenza privata e l’arbitrio assoluto del più forte. Se si vuole il selvaggio west, occorre accettare la sua violenza, pistoleri e banditi, assalti alla diligenza e bordelli. Buon per chi apprezza i bordelli, un’alta carica istituzionale in testa, ma cosa avverrebbe ai cittadini che non possono permettersi i vigilantes?

Un’altra è la via per prevenire simili gesti e avere maggiore collaborazione di fronte a fenomeni di vandalismo. Ciascun cittadino è molto interessato a ciò che sente “suo”. Rimigliano è di fatto patrimonio di ciascun cittadino ma questa consapevolezza a San Vincenzo manca. Colpa di Amministrazioni che non hanno mai affrontato il problema della percorribilità della Tenuta di Rimigliano, della sua fruizione pubblica. In questo senso comprendo bene le Sue parole relative alla lotta d’elite. Molti cittadini comuni non sanno di cosa si stia parlando, il che, mi permetta, è ben diverso dal condividere il piano. Quando Le ho manifestato telefonicamente la mia solidarietà per il danno subito, che colgo l’occasione per rinnovare, il sentimento di vicinanza andava sì alla proprietà della Tenuta, ma investiva anche me stesso e tutti i cittadini, di San Vincenzo e non solo, che devono essere consapevoli d’avere in Rimigliano un patrimonio paesaggistico ricco e prezioso.

Come sempre è con l’inclusione, con l’apertura e con la fiducia che si migliora la società, non con altri recinti o ghetti. San Vincenzo è rimasto per troppo tempo escluso da Rimigliano, per troppi decenni la Tenuta è rimasta lontana da tutto e tutti, un vago, indistinto ricordo nella memoria collettiva. Oggi, di fronte ad una crisi prima che economica, culturale e di valori, siamo al bivio: permettere a Rimigliano di esistere ancora o cancellarlo, insieme al vago ricordo collettivo. Sarebbe un gravissimo danno anche questo, impossibile da monetizzare. Affermarlo non equipara il gesto di vandalismo alla Variante al Regolamento Urbanistico ed è sconcertante che ogni volta sia Lei, e non l’Amministrazione comunale di San Vincenzo che quel piano ha elaborato, a difendere le previsioni in esso contenute.

Di questo delitto politico, per usare una metafora che rappresenta l’uccisione, la strage di un patrimonio paesaggistico territoriale, è responsabile l’Amministrazione comunale che mai si disturba a motivarne e giustificarne gli elementi tecnici, non Lei che dovrebbe essere l’ultima ruota del carro nel processo di pianificazione urbanistica. Il Comune è chiamato a pianificare il territorio nell’interesse non del singolo ma della Collettività. Dunque, mi permetta, ma Lei con una variante ad uno Strumento Urbanistico approvato dal Consiglio Comunale, che c’entra? Perché prende è Lei e non l’Amministrazione a smentire le affermazioni a proposito di una speculazione edilizia gravissima? Questa valutazione politica rimarrebbe invariata se il proprietario, anziché chiamarsi Berrighi, si chiamasse Rossi, Verdi, Sempronio o Caio perché il problema non sta nella proprietà che realizza un piano, sta nell’Amministrazione che permette quel tipo di intervento. È per questo che nella presente non faccio nessun riferimento al merito della Variante. Come ho già avuto modo di dirLe non è Lei ma il Comune il mio interlocutore, sarebbe una degenerazione grave della politica se avvenisse il contrario e da simili episodi, questo territorio è sommerso.

Spero che ci sia spazio per recedere dall’iniziativa dei 30.000€ e spero che non ci siano ulteriori fraintendimenti tra lotta politica e gesti di bieco vandalismo, non ci siano ancora commistioni tra il merito della Variante di Rimigliano e il gusto dei volantini che la smascherano, non ci si confonda più tra uno strumento urbanistico che dovrebbe rispondere all’interesse pubblico, e gli interessi della proprietà della Tenuta. Personalmente sono sempre stato e sto ai fatti, agli atti, ai dati certi. Le assicuro che basta e avanza per condurre la lotta politica per garantire un futuro migliore a chi oggi abita questo territorio e alle generazioni che verranno.

Colgo l’occasione per porgerLe i miei migliori saluti

Nicola Bertini

Sulla stampa:

LETTERA APERTA DI BERTINI «Ma non è giusto monetizzare un dovere»

«Inutile giocare con le parole — afferma il consigliere del Forum Nicola Bertini in una lettera aperta a Maurizio Berrighi (che qui riassumiamo) — una ricompensa per informazioni utili all’individuazione del colpevole è una taglia, non sono io o il professor Pazzagli a dirlo, ma il dizionario della lingua italiana. L’avvocato Bianchi afferma che è legittimo, ma nessuno ha detto il contrario. Le scrivo perché quest’iniziativa mi sembra triste, desolante e controproducente.

Sono consigliere comunale da sette anni. Esaminando centinaia di atti prodotti dal Comune ho ritenuto alcune delibere e determine prive dei requisiti di legittimità e legalità. Ho indicato tali atti alle Autorità preposte senza bisogno di compensi economici. È sempre e comunque atto dovuto segnalare estremi di reato di cui siamo a conoscenza. La taglia per acciuffare il bandito è uno “strumento” che dovrebbe essere proibito in uno Stato di Diritto. Non solo con essa si privilegia l’indagine per il torto subito da chi può pagare la ricompensa, come evidenziato da Pazzagli, ma monetizzando il dovere di un cittadino, si opera una corruzione profonda dei valori comuni che stanno alla base del patto di convivenza. Si insinua, sottile e inarrestabile, la domanda: “Se denuncio, cosa ci guadagno?” Il dovere del cittadino di affidare l’esercizio della sicurezza agli organismi preposti viene annullato. Altrove l’omertà è alimentata da minacce, dirette o trasversali, ma non pensi, signor Berrighi, che simili iniziative siano meno dannose per la sicurezza. Sono sicuro che l’idea è nata dall’emotività e dalla desolazione nel constatare una barbarie, ma temo Lei non abbia ben valutato gli effetti. In una società che ha imparato a mercificare qualunque cosa, la taglia è logica conseguenza della monetizzazione dei diritti operata ad ogni livello istituzionale. Non più diritto alla sanità pubblica e gratuita, non più istruzione aperta a tutti, non più acqua bene comune non più territorio risorsa collettiva e, ovviamente, non più legge uguale per tutti. Ecco che dopo i diritti si mercificano i doveri.
Ci sono molti reati, con le taglie, alcuni sono più uguali degli altri, non necessariamente per la loro gravità ma per il portafoglio di chi li subisce. Se la giustizia diventa fatto privato è meno grave sparare ad un disoccupato piuttosto che ad un ricco imprenditore, è meno grave molestare un bambino povero piuttosto che uno ricco, è più giusto – e conveniente – aiutare ad avere giustizia un potente piuttosto che un modesto impiegato. E se i pini di Rimigliano valgono una taglia di 30.000 euro, a quanto sta la vita di un senza tetto o l’esistenza di un lavoratore i cui diritti vengono violati?

Un’altra è la via per prevenire simili gesti e avere maggiore collaborazione di fronte a fenomeni di vandalismo. Ciascun cittadino è molto interessato a ciò che sente “suo”. Rimigliano è di fatto patrimonio di ciascun cittadino ma questa consapevolezza a San Vincenzo manca. Colpa di Amministrazioni che non hanno mai affrontato il problema della percorribilità della Tenuta di Rimigliano, della sua fruizione pubblica».
La Nazione 21.10.2011