Mai più ecomostri e villette a schiera. Meno cemento, atti più veloci e trasparenti

Sfida alle speculazioni: non si potrà costruire nelle aree rurali, riutilizzo in quelle urbanizzate e controlli più severi.

Monticchiello e i cosidetti ecomostri della «Toscana infelix» non saranno più possibili. Basta con le colate di cemento. Gli scempi urbanistici che hanno ferito la nostra regione. Sì, basta, assicura l’assessore regionale all’urbanistica Anna Marson presentando, assieme al presidente Enrico Rossi, la proposta di riforma delle legge per il governo del territorio. Poi un po’ frena, sì quegli scempi non saranno più possibili o «saranno scoraggiati». La interrompe Rossi: «Con questa legge vogliamo evitare gli ecomostri, le villette a schiera…».

Addio cemento, addio Toscana infelix. Ma sarà così? Di buoni propositi e di facili spot è lastricata infatti la politica. Certo è che la Marson si è presentata come l’assessore anticemento. L’assessore venuta per porre fine a decenni di espansione e speculazione edilizia. Forte delle sue competenze (è stata docente di urbanistica a Venezia) e della sua ostinazione. E agevolata, come è stato ricordato in conferenza stampa da Rossi, dal mercato edilizio: le case non si vendono, le gru non si alzano più, il settore edile e immobiliare segna profonda crisi.

La Toscana degli ecomostri. La virtù è spesso frutto della necessità. La crisi del settore edile e la polemica sugli ecomostri che ha attirato sulla Toscana un’immagine negativa, ha indotto il duo Rossi-Marson ad affermare come prioritaria la politica del riuso e non delle nuove costruzioni e a rivedere la legge urbanistica del 2005. Per mettere le briglie ai comuni. E riaffermare un ruolo più forte della Regione. «In passato anche al Comune più piccolo non veniva negata la possibilità di costruire. Con la nuova legge imponiamo una logica intercomunale», sottolinea il presidente della Regione Rossi. Se questo è il contesto politico in cui si è maturata la proposta di legge anti-ecomostri, come qualcuno in Regione si è subito affrettato a ribattezzarla con una certa enfasi, tre sono le novità, i punti salienti.

Niente costruzioni nel rurale. La più importante riguarda la suddivisione tra territorio urbano e rurale. In quest’ultimo è previsto il vincolo di inedificabilità per frenare il consumo di suolo. L’attività edilizia potrà concentrarsi solo nelle aree urbane e dovrà promuovere le riqualificazioni e il riuso. «Mettiamo sotto tutela il territorio rurale e lo poniamo sotto un vincolo di inedificabilità mentre nelle aree urbanizzate vogliamo intervenire e fare delle trasformazioni. Con la nuova legge saremo i primi in Italia a produrre una svolta così importante nel governo del territorio», sottolinea il presidente Rossi.

L’associazione dei Comuni. Altra novità: l’introduzione del concetto di progettazione a livello di area vasta per sviluppare piani strutturali intercomunali. Spiega Rossi: «Premiamo anche con incentivi economici l’associazionismo dei Comuni. Il governo del territorio in un ambito intercomunale permette di tutelare meglio. Altrimenti succede che prevalgano le esigenze del singolo comune senza una visione più ampia della vocazione di un territorio». Previsto, tra l’altro, che i regolamenti urbanistici comunali vigenti rimangano tali fino alla scadenza dei 5 anni, ma sono previsti incentivi per spingere i Comuni a rivedere i piani strutturali non appena le nuova legge regionale andrà in vigore.

Chi decide. Fondamentale è il rafforzamento del potere della conferenza paritetica fra le istituzioni (Regione, Province e Comuni). Dietro una terminologia tecnica e istituzionale si nasconde una questione basilare: chi decide? Come si ricorderà, ai tempi degli ecomostri, la polemica era: basta con lo strapotere dei Comuni, torniamo a quando a decidere erano lo Stato e la Regione. La Marson spiega che il compromesso a cui si è giunti con la conferenza paritetica è che ogni istituzione ha la sua quota di potere, ma se qualcuno, poniamo la Regione, dice che un certo intervento è fuori legge, non si potrà procedere come se nulla fosse. «Occorre coerenza tra i piani strutturali e le leggi», spiega l’assessore. A Lucca in passato ad esempio è stato redatto un regolamento edilizio in contrasto con il piano strutturale. Una contraddizione, assicura la Marson, che con la nuova legge non sarà più possibile.

Comuni e Province plaudono alla proposta di legge. Il responsabile urbanistica di Anci Toscana Simone Gheri, sindaco di Scandicci, sottolinea in particolare che la proposta di legge accoglie «alcune semplificazioni di natura procedimentale, rispondendo così a sollecitazioni che provenivano dall’Anci». Favorevoli anche i giudizi del sindaco di San Vincenzo Michele Biagi e del presidente della Provincia di Grosseto Leonardo Marras. Che tuttavia mette in guardia dal pericolo di «tempi doppi», causati dalla sovrapposizione tra competenze statali e regionali.

Mario Lancisi – Il Tirreno 2.10.2013

Leggi anche: Toscana, la riforma della legge 1 sul territorio spiegata dall’assessore Marson (Greenreport)

Meno cemento, atti più veloci e trasparenti
La nuova normativa regionale prevede varianti “leggere” per riqualificare le zone urbanizzate

Meno cemento, ma anche procedure più rapide e più partecipate. La nuova legge sull’urbanistica non si limita a vietare nuove costruzioni in collina o in campagne. Dimezza anche i tempi di riqualificazione nei territori urbanizzati. E, soprattutto, consente a tutti – senza necessità di dimostrare un “interesse qualificato” – di vedere i progetti e i piani per i nuovi insediamenti. In parole povere, se ti costruiscono una fabbrica o un supermercato accanto a casa, non ci saranno più segreti. L’unico inconveniente è che queste possibilità non sono proprio a portata di mano. I tempi di approvazione della legge non sono brevissimi. Ma la buona notizia è che il testo licenziato dalla giunta regionale piace ad Anci, l’associazione dei Comuni che poi lo devono attuare, come conferma Simone Gheri, sindaco di Scandicci e referente degli enti locali per le questioni urbanistiche.

Procedure più veloci. «Come Anci – conferma Gheri – abbiamo accettato la sfida della Regione di concentrare lo sviluppo all’interno del territorio urbanizzato, con consumo zero di territorio aperto. Siamo d’accordo a tutelare queste aree, ma nella legge regionale è giusto introdurre elementi di semplificazione per agevolate la riqualificazione e lo sviluppo nelle aree già urbanizzate». Gheri cita due esempi. Il primo è quello della variante semplificata: si tratta di una variante di scarso impatto urbanistico, prevista all’interno di aree già edificate, «per la quale è possibile un solo passaggio in consiglio comunale se, dopo la pubblicazione, nessuno presenta osservazioni. Di fatto, il voto di adozione si trasforma in voto di approvazione finale». E così si dimezzano i tempi della procedura. C’è anche il progetto unitario convenzionato che scatta – precisa l’assessore regionale all’urbanistica, Anna Marson – quando l’intervento di riqualificazione o trasformazione in area urbanizzata riguarda un solo edificio, non determina un aumento di standard urbanistici (come il numero di parcheggi) e non prevede un cambio di funzioni radicale. In questo caso, basta il voto del consiglio comunale per approvare il progetto: non serve la pubblicazione, la presentazione delle osservazioni e il doppio passaggio in aula come per i piani attuativi.

Partecipazione. la legge, inoltre – sottolinea Anna Marson – impone che all’avvio del procedimento (piano attuativo, variante semplificata o ordinaria, regolamento urbanistico e così via) il responsabile del procedimento stabilisce sia le forme di partecipazione dei cittadini sia quando attivarle. Atti trasparenti. Non è tutto. Ogni cittadino, senza bisogno di dimostrare un interesse qualificato, potrà accedere agli atti di ogni progetto, compresi verbali di assemblee e commissioni. «Questo – spiega Anna Marson – significa che se i Comuni decidono di costruire una fabbrica o un centro commerciale in un territorio “aperto” (non urbanizzato), i cittadini possono contestare l’area scelta perché magari ne esisteva un’altra in una zona da riqualificare».

Tempi di attuazione. Anche quando la legge sarà esecutiva,non prima del 2014, i Comuni che già hanno un regolamento urbanistico vigente lo manterranno fino alla scadenza naturale delle previsioni (5 anni dall’approvazione). Poi il nuovo strumento si adeguerà a vincoli e prescrizioni della nuova legge. Che «pur necessitando di qualche ritocco – conclude Gheri – è una buona legge . Resituisce ai Comuni la pianificazione del territgorio perché siamo noi a decidere quali aree qualificare come “aperte”. E consente la programmazione sovracomunale, con i piani strutturali comprensoriali. L’unica strada di sviluppo possibile oggi, come dimostrano i referendum di fusione dei Comuni in programma domenica».

Ilaria Bonuccelli – Il Tirreno 3.10.2013