Perché celebrare un “Apritiborgo” se il Borgo si chiude alla vita?

Perché celebrare un “Apritiborgo” se il Borgo si chiude alla vita?

Vorrei condividere una riflessione sulle vocazioni dei luoghi, in particolare su quella di Venturina e quella di Campiglia, la prima verso le Terme, così come conferma la stessa recente denominazione, e la seconda verso una direzione che appare – almeno a me – indefinita.

La vocazione di Venturina ha origine nelle caratteristiche dei luoghi, ovvero la presenza di sorgenti di acqua calda, termale appunto, il cui fulcro è costituito dalle fonti del Calidario .

Bene ha fatto l’amministrazione comunale ad esaltare già nella toponomastica il pregio naturale di questo tratto della Val di Cornia.

Ci si aspettava però che – oltre l’esteticamente discutibile fontana (foto sotto) posta al centro di un incrocio – fossero potenziate le strutture termali del paese, e invece almeno per ora ciò non è avvenuto.

All’opposto, fruire delle acque termali appare sproporzionatamente costoso, sia rispetto ai servizi offerti, sia dal raffronto con terme di altri luoghi. Ad esempio Merano, il cui biglietto d’ingresso giornaliero di 19 euro comprende l’uso di sdraio, bagno turco, solarium, oltre lettini ed armadietto personale. E dieci piscine, tra esterne ed interne..

Il raffronto è ardito, sotto più di un aspetto, il primo dei quali è giuridico-amministrativo, nel senso che presumibilmente la provincia di Bolzano sovvenziona o più genericamente “aiuta” lo sviluppo di Merano anche nel tempo attuale in cui scarseggiano le risorse pubbliche.

Certo è che quando si decide sulle destinazioni di queste ultime occorre aver di mira le priorità e gli obiettivi. Se il futuro di Venturina sono le terme, è bene lasciar da parte le infrastrutture della zona artigianale e/o industriale e investire appunto in un settore in espansione, visti i dati/numeri relativi alla domanda relativa appunto a questa tipologia di vacanze-turismo.

Oltretutto lasciando da parte i  capannoni, ne beneficia  il paesaggio o quel che resta della sua integrità…

Campiglia invece è denominata “marittima”, come molti luoghi d’Italia che sul mare non sono, ma la cui aria risente degli effetti benefici del clima.

Ma  non è certo questo il limite del paese, che resta circondato da spiagge e parchi di particolare bellezza.

La vocazione di questo paese nel passato meno recente erano le miniere, fonte di ricchezza per la comunità, oltre  le tracce della civiltà etrusca che insistevano ed insistono sul territorio, il parco archeominerario appunto.

Ma adesso si stenta a cogliere la vocazione di Campiglia, perché il paese sembra spegnersi lentamente e si spegnerà del tutto se alcune  scuole – come si paventa – chiuderanno…

E allora avrà senso celebrare un “Apritiborgo” se il Borgo è in fin di vita?…

Potrebbe essere invece che il futuro abbia preso una direzione che al momento sembra  irrinunciabile agli amministratori: quella delle cave, queste enormi brecce che si vedono già dalla Aurelia, simili ad anfiteatri dei giganti.

Questa pare essere  la vocazione attuale  del paese, perfettamente “a norma”, tra l’altro, nel senso che ogni atto amministrativo a riguardo è stato ed è giuridicamente corretto. Così pare.

E allora che il Comune, lo stesso di Venturina, per dar pari opportunità, si muova in senso analogo:

Venturina Terme e Campiglia Cave

Oppure, ricorrendo ad una più accattivante sorta  di acronimo: e riconoscendo alla prima  il ruolo trainante, le denomini

Venturina Caverne”

Laura Riccio
Comitato per Campiglia

image_pdfSalva Pdfimage_printStampa

Un pensiero su “Perché celebrare un “Apritiborgo” se il Borgo si chiude alla vita?

  1. A proposito di cave.
    CORREVA L’ANNO 2008, il Comitato per Campiglia era nato l’anno precedente. Accanto agli ‘intellettuali’ campigliesi proprietari di seconde case che volevano contrastare la costruzione della RTA alla Fonte di Sotto un folto gruppo di soci di Legaambiente si unì mettendo in primo piano anche il problema delle cave. Problema molto sentito allora, più di oggi in cui più che altro i cittadini fanno chiacchere da bar, spaventati anche dalla politica dei sindacati che agitano lo spauracchio dei posti di lavoro. O forse semplicemente perché quegli attivisti si sono stancati senza essere sostituiti da altri.
    Comunque il 7 dicembre di quell’anno apparve su l’Etrusco un divertente ‘botta e risposta’ tra un cittadino milanese frequentatore di San Vincenzo e il direttore della rivista. Non si riusci a sapere se quello che diceva quell’ingegnere fosse frutto di fantasia o verità, né potemmo avere conferma dal giornale se quello slogan spiritoso “INCREDIBILE MA VELO LE COLLINE DIVENTAN CIELO” fosse davvero una scritta esibita in una manifestazione sindacale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *