Rimigliano, la conferenza paritetica e i suoi risvolti
La vicenda di Rimigliano sembra non finire mai…
Ora arriva anche il ricorso alla “commissione paritetica” tra regione, provincia e comune prevista come ultima camera di compensazione nella LRT.1/2005.
Non interessa ritornare sulle previsioni di quel regolamento urbanistico, ma evidenziare come la vicenda espliciti una fragilità, contraddizioni, insite nella LRT 1/2005, e forse anche, in ultimo, in una controtendenza di linea dell’attuale Giunta Regionale.
Sembra trasparire:
1. che l’esasperata coniugazione toscana del principio di sussidiarietà possa condurre all’assunzione di atti di governo del territorio non allineati;
2. che l’autoapprovazione dei piani senza un controllo di conformità, oltre che mettere in discussione la valenza dei piani sovraordinati, può essere veicolo di confusione interpretativa, quando non ci sia volontà di raggiro;
3. che la connotazione letteraria e poco disciplinare degli strumenti di pianificazione territoriale si presta ad interpretazioni multiple, potenzialmente divergenti, che invalidano la possibilità di dimostrare la compatibilità e conformità degli strumenti tra loro;
4. che la conferenza partitetica sia un’ultima risorsa politica a valle di irrisolti problemi procedimentali e di competenza di pianificazione, nonché di confusione che esiste in merito al ruolo della partecipazione dei cittadini e alle responsabilità che il nostro ordinamento assegna ai soggetti investiti di specifici poteri tipici della democrazia rappresentativa;
In altre parole, se la legge 1/2005 doveva servire a dare oggettività agli strumenti di pianificazione in relazione a chiari ed inequivocabili indirizzi politico-programmatici per la formazione dei piani, l’esperienza sembra dare un esito diverso.
Il ricorso alla conferenza paritetica, significa fare ricorso esclusivamente alla politica tentando anche di ripartire eventuali responsabilità; ma se qualcuno rimane della propria idea che accade? Se non c’è un accordo, si passa alla giustizia amministrativa, a quella civile o penale?
Allora si ripropongono i molti dubbi che aleggiavano nel 2003/2004 quando fu affrontata la ristrutturazione della LRT 5/1995 e nacque la 1/2005 frutto di una alleanza ferrea, che qualche interesse doveva pur rappresentare, tra regione e comuni, con emarginazione delle province, che tra molti difetti, però, il territorio lo conoscevano e potevano ben disporre norme di governo del territorio. Si preferì un’altra strada e oggi se ne vedono le conseguenze con le molte incertezze che si rincorrono su i procedimenti e sulla compatibilità dei piani comunali agli strumenti di pianificazione territoriale.
Sembra peraltro che una certa ambiguità non sia considerata un fattore negativo, ma una risorsa, perché alla fine consente di approcciare i problemi senza un riferimento saldo a norme chiare e previsioni definite, ma a letteratura sul governo del territorio, oppure per parti separate ed estemporaneamente come accaduto infilando norme di pianificazione (sostituzione dell’articolo 5 del PAI con l’articolo 142 della legge 66/201) in una legge finanziaria. Ovvero con successive e reiterate modifiche della 1 che sostanzialmente denunciano perdita o mancanza di organicità della legislazione, come avvenuto, per esemplificare, per l’articolo 47 arrivato al numero 47 quater. Si pone dunque l’ultimo problema, quello della ricostruzione di un circuito di confronto in sostituzione della prassi di consultazioni verticistiche in merito alle quali non è fuori luogo domandare chi rappresentano, cosa e per quale mandato, gli interlocutori, tenuto conto peraltro che in queste materie conta molto l’esperienza diretta di governo.
di Mauro Parigi –Greenreport 13.03.2012