San Cerbone cola a picco

La chiesetta dei bagnanti rischia di crollare per l’erosione

L’azione del mare è continua, devastante. Non c’è più tempo, siamo all’emergenza. Dal 1938 ad oggi la spiaggia di Baratti è arretrata di 10-15 metri.

La particolare violenza delle mareggiate di questo inverno ha iniziato a scavare pericolosamente le stesse fondamenta della settecentesca chiesina di San Cerbone, la chiesetta per la messa dei bagnanti, dove arriva la processione delle barche. Una piccolissima perla nel mezzo al golfo, per secoli oggetto di particolare culto, perché, si dice, costruita nel luogo dove fu sepolta in tutta fretta la salma del primo vescovo di Populonia, avventurosamente trasportata dai suoi fedeli dall’Elba per sottrarla al vilipendio degli occupanti longobardi. Ma una chiesa in riva la mare era già esistente visto che sembra sia stato il santo, in punto di morte, a chiedere di essere sepolto «in una chiesina nel Golfo di Baratti, ai piedi di Populonia». E prima che i conti Desideri costruissero la nuova cappella, probabilmente in quel punto ce n’era un’altra, dedicata a S. Giuliano, di cui si trova traccia in una carta senese del 1589.

Purtroppo la chiesina di San Cerbone non è il solo patrimonio culturale che rischia di essere cancellato dal mare. Poco più in là, dove sgorga una sorgente di acqua dolce, un tempo ritenuta addirittura miracolosa perché legata al culto del santo, gli archeologi nel 2002 hanno iniziato a scavare una miniera di storia che va dall’VIII secolo a.C fino all’età imperiale romana. Lì sono state rinvenute tracce della lavorazione del rame e successivamente quella del ferro. Un’attività incessante ai piedi della collina di Populonia. Populonia e la metallurgia, un legame inscindibile che gli scavi sulla spiaggia, condotti da Silvia Guideri, direttrice dei Parchi arheologici, Franco Cambi, docente di archeologia dei paesaggi all’Università di Firenze, coordinati dall’ispettore della Sovrintendenza Andrea Camilli, cercano faticosamente di portare avanti.

Faticosamente perchè, finite le campagne estive, il mare torna con la sua forza devastante ad erodere la spiaggia. Si ricopre alla meglio, con teloni provvisori, per proteggere i segni di una storia millenaria che rischiano di essere cancellati, perché, ancora, il lavoro degli archeologi non ha raggiunto gli strati più antichi.

No, non c’è più tempo. Da sette anni la Regione ha messo in campo un finanziamento di 2,5 milioni di euro per il ripascimento di Baratti. Ma la Provincia, ente attuatore dell’intervento, non è ancora riuscita a spenderli. C’è un progetto sì, finalmente, che prevede la parziale chiusura di due canaloni, a Nord ed a Sud della beach rock che si è formata al centro del golfo probabilmente durante la rimozione di due milioni di tonnellate di scorie di ferro lasciate dagli Etruschi e riutilizzate, negli anni Trenta, per alimentare i moderni altiforni dell’Ilva. Dai canaloni, secondo gli studi degli esperti, tra cui il professore Enzo Pranzini, del dipartimento scienze delle terra dell’Università di Firenze, sfugge la sabbia più fine e, anno dopo anno, la spiaggia di Baratti si riduce.

No. Non c’è più tempo di aspettare un intervento che, pur promettendo la definitiva risoluzione del problema, richiederà ancora anni per essere attuato. Ne è convinto anche l’assessore all’ambiente del Comune di Piombino, Marco Chiarei. Così è stato individuato un progetto da realizzare con le procedure della “somma urgenza”, che consentono al Comune di saltare tutto l’iter burocratico.

Ancora una volta ci si è avvalsi della consulenza del professor Pranzini, che allo studio dell’erosione a Baratti ha dedicato un buona parte della sua vita professionale. Davanti alla chiesina e agli scavi sarà realizzata un barriera, costituita da elementi tubolari modulabili riempiti di sabbia. Si arriverà fino ad un’altezza di un metro e mezzo. «So che non saranno bellissimi – sostiene l’assessore Chiarei – ma al momento la priorità assoluta è salvare il salvabile».

La barriera, una volta eseguito l’intervento definitivo e il ripascimento della spiaggia, potrà essere rimossa, tagliando i sacchi e lasciando che il mare disperda la sabbia.

«Un progetto sperimentale al quale la Regione sta prestando grande attenzione, anche perchè può essere riproposto per altre emergenze della costa Toscana. Per questo – precisa l’assessore Chiarei – abbiamo ottenuto la possibilità di finanziare l’intervento attraverso un’anticipazione dei vecchi finanziamenti della Regione e di essere, come Comune, il soggetto attuatore. Lo faremo ricorrendo a procedure di somma urgenza, ma non senza sentire il parere degli altri».

E proprio nei giorni scorsi c’è stato un consulto al letto del paziente ammalato.

Comune, Regione, Provincia e Sovrintendenza archeologica hanno fatto un sopralluogo e tutti hanno dato l’ok al progetto.

Si pensava di fare tutto con 200mila euro. Ne accorreranno di più, tenendo conto della delicatezza dei lavori e della necessità di preservare ogni più minuto reperto archeologico. Ma se l’operazione riuscirà, per una volta si potrà dire che non sono stati soldi sprecati.

GIORGIO PASQUINUCCI

Il Tirreno 24.2.2011

 

La donna tutta d’oro assassinata duemila anni fa
Gli scavi hanno restituito le tracce di un misterioso omicidio

Aveva circa 35 anni ed era letteralmente coperta d’oro. Gli archeologi che hanno condotto gli scavi nelle vicinanze della chiesina di San Cerbone, hanno ritrovato la sua veste intessuta di fili d’oro, una collana, due anelli, due bracciali e due cavigliere, pare piuttosto rare anche nelle sepolture ricche del tempo. Ma chi era questa misteriosa donna? Le indagini effettuate sul suo corpo hanno rivelato l’esistenza di traumi nelle ossa di una spalla e al bacino.

Una morte violenta, dunque, tanto da far pensare che sia stata pugnalata al basso ventre. Un omicidio che si perde nella notte dei tempi o la vendetta di qualche nemico?

Accanto al corpo della donna, quello di un uomo di una quarantina d’anni. Secondo quanto ricostruito dall’equipe del professor Franco Cambi, doveva essere piuttosto robusto ma soffiva di otiti e artrosi, disturbi tipici di chi ha passato molto tempo in acqua. Dunque un marinaio o un pescatore. Sui resti dei due personaggi sono state condotte anche delle analisi paleo-nutrizionali che hanno dimostrato che erano abituali consumatori di pesce. Questo, sempre secondo gli studiosi, dimostrerebbe la loro appartenenza ad un ceto sociale elevato. (g.p.)

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