Settis: “Il modello Parchi può essere rilanciato”
L’appello del professore per non disperdere quanto realizzato negli anni in Val di Cornia.
Un futuro nuovo per la Parchi Val di Cornia. È quanto si è provato a immaginare nel convegno andato in scena mercoledì scorso al teatro Concordi di Campiglia. A distanza di giorni dall’evento fortemente voluto dalla sindaca di Campiglia Alberta Ticciati e patrocinato dalla Regione e dal ministero della cultura, c’è stato il tempo per riflettere sui risultati raggiunti.
Il convegno è stato un’occasione di confronto e riflessione sulla realtà della Parchi Val di Cornia come strumento di valorizzazione e gestione dei beni storici, archeologici, ambientali e culturali, ma anche di pianificazione strategica di un’area vasta.Quello che è emerso nel corso dell’evento è che alla luce del nuovo quadro normativo, dell’architettura istituzionale variegata della Val di Cornia, la Spa pubblica potrebbe non essere più adeguata allo scenario attuale.
I sindaci della Val di Cornia, tutti presenti escluso Sassetta per impegni non prorogabili del sindaco, hanno accolto l’invito e si sono detti disponibili a lavorare insieme per dare un futuro certo e sviluppo al sistema dei Parchi della Val di Cornia.
La storia della società dei Parchi è stata ripercorsa da Massimo Zucconi che ne è stato presidente e che ha sottolineato come fin dagli anni’70 le amministrazioni locali ebbero il merito e la lungimiranza di comprendere che la monocultura industriale potesse non essere sufficiente all’economia della zona, e per questo motivo fecero scelte per dare equilibrio socio demografico ai vari centri, da quelli costieri a quelli collinari e attraverso i piani regolatori coordinati degli anni’80 posero le basi per la nascita del sistema dei parchi, individuando un’area di 8 mila ettari: aree difficili, che comprendevano proprietà pubbliche e private, aree degradate, abusi edilizi, territori a rischio di speculazione. Una strategia poggiata sull’idea che lo sviluppo di un territorio non sta sul consumo delle risorse ma sulla loro tutela.
Ad intervenire anche l’attuale presidente della Parchi, Alessandro Bruni, che ha messo in luce le virtù di una società che lavora grazie a personale competente che riesce a dare elasticità all’organizzazione, ma che comunque ha bisogno di essere ammodernata.
Sull’esperienza del sistema dei Parchi della Val di Cornia nel contesto dei processi nazionali di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale è intervenuto Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte che, presiedendo in contemporanea il comitato scientifico del Louvre e non potendo quindi essere presente, ha inviato un video in cui ha rilevato l’importanza del convegno sostenendo che quello che è accaduto in Val di Cornia sul piano dell’archeologia ma anche sul piano della difesa del paesaggio e della natura è particolare, con una grande notorietà della Parchi Val di Cornia e del sistema di parchi per un lungo periodo.
«Un modello oggi in crisi che però, avendo ancor delle caratteristiche virtuose, che ne fanno un modello insuperato in Italia e non solo, può essere rilanciato. Un modello interessante che Settis ha paragonato a quello del Louvre, che oltre ad avere contributi privati ha una sua attività il cui ricavato viene reinvestito nella propria amministrazione, questa attività per la Parchi era la gestione dei parcheggi.«Un modello che ha sempre funzionato bene e che ho sempre citato per smentire che o si fa tutela o si valorizza».
È intervenuto come da impegno anche il presidente della Regione Eugenio Giani che dal palco del Concordi ha testimoniato l’interesse e l’impegno della Regione verso la Val di Cornia e verso la Società dei Parchi ed ha ricordato che dal punto di vista turistico l’ambito della Costa degli Etruschi è secondo solo a Firenze in Toscana per capacità di attrazione e ha lanciato l’idea di una Fondazione come nuova forma per la Parchi.
Giuliano Volpe, presidente della Federazione Consulte Universitarie di Archeologia è intervenuto nella seconda parte della mattinata e ha citato il partenariato tra pubblico e privato, da semplificare ed estendere rispetto alle normali concessioni, ribadendo l’idea di una fondazione, che possa coinvolgere i comuni, il ministero, la Regione, le università e i privati, in un rapporto che sia di lavoro integrato tra le varie parti.
Roberto Grossi dell’Università degli studi di Firenze è intervenuto, poi, sui limiti e le contraddizioni della società Parchi e le possibili prospettive di ristrutturazione tecnica del modello di società e di gestione e ha poi coordinato la tavola rotonda del pomeriggio. Per il docente «oggi occorre ritrovare una condivisione che sembra avere smarrito quei fattori che ci hanno riempito di orgoglio in passato: si è persa la capacità di attrarre risorse esterne, la propensione all’autofinanziamento e non alla logica del ripiano, la crescita della solidità dello stato patrimoniale, la condivisione strategica dei soggetti coinvolti, l’ampliamento dei servizi e il miglioramento costante della qualità, la capacità di coinvolgere gli attori economici e produttivi, la snellezza delle procedure, la stretta relazione con lo stato e con la regione, la coerenza dell’attività della parchi e della programmazione pluriennale con la pianificazione territoriale, un’organizzazione basata sulle competenze tecniche e specialistiche».
Il Tirreno 19.12.2021