Settis: “Ora basta costruire, semmai recuperiamo l’esistente”

«La ricette per evitare tutto questo c’è, si chiama prevenzione». Il professor Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, per oltre dieci anni direttore della Scuola Normale di Pisa, esperto di paesaggi, prova a inquadrare una situazione sempre più critica. In Toscana e non solo. «In Italia c’è un terreno eccezionalmente fragile, che si aggiunge a un sistema idrogeologico altrettanto fragile. Siamo il paese con il maggior numero di frane di tutta Europa.
Ci siamo mai chiesti come mai se in Francia piove la gente apre l’ombrello, mentre da noi arriva l’alluvione?».

Qual è l’errore principale da non fare?
«Si è pensato poco a sistemare il corso dei torrenti e troppo a costruire nelle zone più a rischio, e negli ultimi vent’anni si sono succeduti eventi franosi e alluvioni che hanno fatto prevalere sempre la cultura dell’emergenza, non quella della prevenzione. Ci si attiva solo sul momento, quando c’è da mettere in moto la macchina dei soccorsi. Ma non si mette il terreno in sicurezza per evitare che certe cose capitino di nuovo».

Ma è possibile salvarsi da nuove bombe d’acqua?
«È possibile se si comincia a ragionare in modo diverso. Dove il terreno è franoso, e penso a Genova, ma anche ad Aulla, vanno attuate tecniche ingegneristiche consolidate per rafforzare argini di fiumi, torrenti, zone collinari. A Genova il Bisagno si era riempito di rifiuti, detriti, terra. Il letto del fiume sale, se nessuno si adopera per ripulirlo è possibile che prima o poi arrivi un’esondazione o peggio ancora».

È solo una questione di soldi che mancano?
«Purtroppo no. Le faccio un esempio. Due anni fa a Giampilieri, vicino a Messina, ci fu una frana in un’altra zona a rischio che provocò 37 vittime. Bertolaso che allora era il padrone della Protezione civile disse che per mettere in sicurezza la zona ci sarebbero voluti due miliardi di euro, una cifra grossa che non erano in grado di trovare. Ma due giorni dopo il ministro Prestigiacomo a precisa domanda sulla realizzazione del Ponte dello Stretto disse, “lo faremo, costerà 10 miliardi”. Questo fa capire le priorità di chi ci ha governato finora».

In Toscana le cose non vanno meglio.
«Si è esagerato nel costruire, come da altre parti. Ma è indubbio che i tagli imposti dall’alto non hanno permesso di agire per prevenire. Berlusconi ha detto che in Liguria c’è stata un’eccessiva cementificazione. Strano che a dirlo sia proprio lui, con tutti i condoni e le cattive scelte per il territorio che ha fatto. In tutta Italia ci sono ormai 2 milioni di appartamenti vuoti tra quelli costruiti negli ultimi dieci anni. Che senso ha costruire ancora? Bisogna puntare semmai sul recupero degli edifici che già ci sono».

Professore, da dove si può cominciare a fare qualcosa?
«Da una diversa politica della prevenzione. Esistono ottime carte delle frane, dell’assetto idrogeologico. È vero che mancano i soldi, ma anche durante una crisi economica vanno operate scelte giuste. E investire per tutelare la salute e l’eguaglianza dei cittadini, come cita l’articolo 32 della Costituzione».

Qualcuno sostiene che facciamo poche esercitazioni per le emergenze.
«Può essere vero. Ma la Protezione civile si mette in moto quando il danno è già stato fatto. Senza dimenticare che negli ultimi anni si è occupata delle cose più strane, senza concentrarsi su quelli che sono i suoi scopi primari».
M.B. Il Tirreno 13.11.2011