Sì del consiglio alla variante per le cave (Il Tirreno)

Approvata in consiglio comunale, lunedì 11 dicembre, la variante urbanistica per le cave, adesso gli strumenti sono adeguati e Cave di Campiglia potrà completare il piano di coltivazione originario, peraltro risalente al 2002 e fare alcuni investimenti sulle attrezzature. Al tempo stesso inizierà anche i ripristini ambientali.

Il via libera definitivo ci sarà dopo l’approvazione del nuovo piano che, peraltro, Cave ha già pronto. In questo modo la società ha di fronte a sé alcuni anni di “tranquillità” e l’occupazione, che con la crisi era a rischio, è garantita.

«Gli strumenti urbanistici adesso sono a posto – commenta il sindaco, Rossana Soffritti -, l’iter è completato. Dopo la presentazione del piano ci sarà il definitivo via libera». I tempi saranno celeri, si parla dell’inizio del prossimo anno. L’atto approvato è la “variante contestuale al Piano Strutturale e al Regolamento Urbanistico in adeguamento al Piano delle attività estrattive, di recupero delle aree escavate e riutilizzo dei residui recuperabili (Paerp), e variante normativa al Piano Strutturale”.

Tutta la vicenda è stata oggetto di numerose polemiche, ma per capire di cosa si sta parlando fa fatto un passo indietro.

Prima della variante approvata lunedì, infatti, Cave di Campiglia (società partecipata da Belfin di Venturina e dal colosso Unicalce, di Lecco, il presidente è l’ex sindaco Lorenzo Banti) aveva un piano di estrazione, approvato nel 2002 di 8,5 milioni di metri cubi, di cui 1,8 di materiale di riempimento, chiamato sterile, e il resto di microcristallino, minerale fondamentale per numerosi cicli industriali, non riproducibile e che, in Toscana, si trova solo a Campiglia.

Il piano originario scadeva nel 2018. Poi però c’è stata la crisi, che ha portato, fra l’altro, alla chiusura delle acciaierie e le estrazioni sono state minori di quanto previsto, al momento siamo sotto i 6 milioni di metri cubi. Il delicato trend aveva spinto la società, un anno fa,a chiedere un tavolo di crisi, anche perché i minori ricavi, e l’assenza di prospettive a lungo termine, avrebbero portato a una riduzione di organico, di almeno una decina di persone.

Vista anche la necessità per l’industria toscana di microcristallino, destinato in particolare alla produzione della Solvay, del vetro e alla farmaceutica, la Regione ha aperto il tavolo, al quale la società ha chiesto di poter concludere quanto previsto dal piano originario, cioè di estrarre i circa 3 milioni di metri cubi mancanti.

Al termine dei lavori la richiesta è stata sottoposta a Via (Valutazione d’impatto ambientale) ed ha avuto il via libera. Il nuovo piano di coltivazione prevede che i tre milioni di metri cubi siano estratti in 10 anni (quindi con scadenza 2028) e che saranno solo di microcristallino, quindi non più lo sterile.

Sono previsti anche i ripristini (riporto di terreno e piantumazioni) delle aree scavate.Per consentire altri dieci anni di coltivazione il Comune, dopo il tavolo regionale, ha predisposto quindi la variante al piano regolatore e al regolamento urbanistico approvata lunedì, visto che nelle precedenti previsioni era indicata la data del 2018. Nel nuovo piano di coltivazione, con scadenza 2028, è indicato che la società non potrà estrarre un metro cubo in più rispetto alle previsioni originarie del 2002 e occupare altro territorio.

Guido Fiorini – Il Tirreno 13.12.2017