Sotto osservazione 3 zone per il rischio allagamenti

Sotto osservazione 3 zone per il rischio allagamenti

L’ingegner Lenza che ha lavorato al piano strutturale indica come pericolose via della Principessa, la Tenuta di Rimigliano e il fosso delle Rozze.
Circa 8mila case a fronte di 7mila abitanti, decine di residenze turistico alberghiere, abusivismo edilizio, sempre meno spazio per campi agricoli e coltivazioni, gli annosi problemi dei fossi. Sono alcuni dei numeri di San Vincenzo, il cui consumo di suolo è arrivato al 20% circa, con un boom dell’edilizia dall’anno 2000 in poi. Il caso della cementificazione della costa, denunciato da studiosi e intellettuali, è emblematico. I fossi, in alcuni casi cementati, si riversano a grande velocità sulle spiagge, rompendo muretti e portando con sé le barche e ciò che incontrano sul loro cammino. Ciò che è accaduto di recente, con il paese allagato alla prima pioggia di una certa entità, è visto da molti come un campanello d’allarme.

All’indomani del disastro – l’ennesimo – accaduto nel Grossetano, la gente si chiede se una cosa simile potrebbe ripetersi a San Vincenzo, e vorrebbe capire se il fenomeno sia monitorato e esista prevenzione. A San Vincenzo, a quanto dice Nicola Lenza – ingegnere civile specializzato in idraulica, che con la Ingeco di Pisa ha fatto studi proprio in materia idraulica per il nuovo piano strutturale del Comune – ci sono tre zone che presentano particolari criticità idrogeologica: il fosso delle Rozze, via della Principessa a monte e conseguentemente a valle e la Tenuta di Rimigliano. In quest’ultima zona, tuttavia, secondo Lenza la possibilità d’intervenire per limitare i rischi è più agevole e legata al ruolo essenziale che dovrà avere l’agricoltura.

«I fossi di San Vincenzo – dice Lenza – sono tagliati ortogonalmente dalla ferrovia e dalle strade. Gli attraversamenti idraulici della ferrovia non risultano sempre sufficienti. Vi sono strettoie, nella piana di San Vincenzo, che tendono a favorire l’accumulo d’acqua a monte. Negli ultimi anni, le ingenti risorse investite dall’amministrazione nella regimazione idraulica dei fossi del Bufalone, delle Prigioni e di Val di Gori, hanno prodotto eccellenti risultati, tanto che i tre fossi in questione non presentano più alcun problema.

Il Botro ai Marmi, fuori dal centro abitato, è sicuro, così come il fosso del Renaione. Molte volte – prosegue Lenza – i problemi derivano dalla pulizia e dalla manutenzione, quando materiali solidi costituiscono ostacoli al flusso delle acque. Però il Consorzio di bonifica ha fatto in modo ottimale pulizia e la manutenzione.

La Tenuta di Rimigliano è una zona delicata ma con agevole possibilità d’intervento. E’ una pianura ed ha zone di ristagno, ma i caseggiati sono in posizione favorevole. Certo è che per ridurre al minimo qualsiasi possibilità di rischio di allagamento, è importante che in futuro i terreni non vengano abbandonati, ma che vi si faccia agricoltura per mantenere gli equilibri ambientali».

Problema piuttosto serio è rappresentato dal viale della Principessa, la cui zona ha subìto una notevole trasformazione. «Nel caso – spiega Lenza – dobbiamo capire come disciplinare il regime idraulico a monte per non avere ripercussioni a valle, dove si trova una vera e propria conca. La zona, negli ultimi anni e con l’insediamento di complessi turistici, ha subìto importanti trasformazioni, e va studiato il modo di rallentare, a monte, l’acqua.

C’è poi da dire – conclude l’ingegnere – che è cambiato il regime pluviometrico, tanto che il fenomeno delle bombe d’acqua, con precipitazione brevi ma assai intense e violente, è piuttosto recente ed ha trovato un po’ tutti impreparati».
Paolo Federighi – Il Tirreno 15.11.2012

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