Tenuta di Rimigliano: Il piano attuativo per Italia Nostra «È inaccettabile»

Tenuta di Rimigliano: Il piano attuativo per Italia Nostra «È inaccettabile»

L’associazione chiede di annullare la delibera consiliare. Il giudizio: «Ennesimo atto di urbanistica spezzatino».

Vent’anni. È il tempo che è servito per trovare il punto di caduta che ha portato all’adozione nel consiglio comunale di San Vincenzo dell’8 febbraio, con i voti favorevoli della maggioranza e quelli contrari delle opposizioni, del piano attuativo di iniziativa privata della Tenuta di Rimigliano. L’associazione ambientalista Italia Nostra la definisce una «delibera inaccettabile» e chiede di «annullarla».

Il piano attuativo per Italia Nostra è «l’ennesimo atto di urbanistica spezzatino: una pianificazione del tutto errata e inaccettabile, che dagli anni ”90 in poi non solo ha separato Rimigliano dal resto del territorio comunale e dal contesto della Val di Cornia, ma ha anche provveduto a frazionare l’antica azienda agraria, con la sua pianura di bonifica posta a est della via della Principessa, dalla pineta e fascia a mare, smembrando gradualmente il paesaggio storico, da podere San Francesco a Villa Biserno, dal Park Albatros a Cason di Tavole, per realizzarvi una serie di lottizzazioni o di espansioni edilizie, a fini essenzialmente di sviluppo turistico, sparse nella Tenuta».

Italia Nostra non ha dubbi, con il piano «si vuole addirittura trasformare i circa 11mila metri quadrati di patrimonio edilizio rurale esistente per oltre 9mila a residenza e per la restante parte a turistico-ricettivo. Inoltre, si prevedono nuove edificazioni per quasi 5mila metri quadrati, mentre per le esigenze dell’agricoltura non si riservano neppure 100 mq».

L’associazione parla di «stime altalenanti e discutibili relative agli edifici presenti, e quindi ai metri quadri recuperabili per la realizzazione di nuove residenze – afferma -: tanto è vero che la stima o abaco del patrimonio edilizio esistente condotta dagli uffici comunali nel 2011 è stata inoppugnabilmente ridimensionata da un perito nel 2018, che vi ha riscontrato come conteggiati immobili mai esistiti».

Dubbi anche sulla legittimità dei fabbricati presenti: «Il Comune non ha richiesto, come di regola, la dimostrazione della loro esistenza al 1939, data di approvazione del Regolamento edilizio di Campiglia Marittima, ma ha inopinatamente accettato, a sostegno della legittimità delle superfici, una aerofotogrammetria del maggio 1968, quando avrebbe potuto almeno valutare il celebre volo del 1954: con ciò, ammettendo a recupero e trasformazione in residenza edifici privi dei titoli abilitativi, e caratterizzati da notevoli volumetrie, perché non esistenti nel 1939, o per i quali non sono state comunque presentate istanze di sanatoria.

Altresì erroneo, e dunque inaccettabile, è l’avere censito fra le superfici recuperabili persino le stalle a sud di via del Lago, per le quali il Regolamento urbanistico prescrive la demolizione, e l’immobile delle ex scuole, per cui si prevede il trasferimento alla proprietà comunale».

Il piano attuativo «non consente per l’agricoltura nessuna possibilità di sviluppo. Sono stati deruralizzati tutti gli immobili, al punto da prevedere, per la conduzione aziendale, la realizzazione di un capannone di 1.100 metri quadrati di nuova edificazione. Oltre a ciò, le Norme tecniche attuative introducono la possibilità di delimitare con muretti e recingere le nuove proprietà e pertinenze dei poderi, offrendo così una immagine chiara dell’impianto e della filosofia che sta alla base del piano: in sostanza, si tratta di lottizzazioni residenziali o turistico-ricettive all’interno della Tenuta e dei suoi terreni agricoli, che produrranno il rilevante ridimensionamento se non la morte del paesaggio di bonifica per come lo conosciamo e forse della stessa agricoltura».

Italia Nostra richiama la prospettiva di una concezione comprensoriale della pianificazione, avviata con i Comuni di Suvereto e Sassetta, cui dovrebbero riallacciarsi anche Campiglia e Piombino. «Si viene definitivamente a perdere, per l’intera area di Rimigliano, ogni possibilità di diventare ciò che gli architetti Insolera e Gazzola e il sindaco Giomi previdero, con vera lungimiranza, negli anni ’70: un vero parco agricolo naturale».

E conclude: «La disapprovazione per i contenuti del piano attuativo si allarga obbligatoriamente alla recente sottrazione della gestione della fascia costiera di Rimigliano alla Parchi e al proposito di approvare un piano degli arenili che prevede la concessione a privati di quello di Rimigliano. Giudichiamo gravemente negativi i tentativi di asservimento della pianura e del litorale di Rimigliano a modalità di gestione e attività incompatibili con il concetto di parco naturale e di sviluppo eco-sostenibile».

Il Tirreno 3.4.2021

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