Ultima partita a Rimigliano con la «variante Marson» (Corriere Fiorentino)

Il Comune va avanti, i costruttori sono pronti. La Regione minaccia lo stop.

La partita Rimigliano non è affatto chiusa. Non è detto che si chiuda domani con il voto del Consiglio comunale che approverà la variante urbanistica che cambierà il presente e il futuro della tenuta di 560 ettari lungo la Principessa. Perché se è vero che la palla ora—dopo l’assemblea con i cittadini di venerdì sera—è nella mani dell’amministrazione Michele Biagi (Pd) è altrettanto certo che il Comune è marcato a vista dalla Regione.

Se la variante verrà approvata così com’è, o meglio se sarà quella che i tecnici del Comune di San Vincenzo hanno illustrato ai tecnici e all’assessore all’urbanistica Anna Marson, la Regione si metterà di traverso. Non aspetterà l’eventuale ricorso dei cittadini per l’attivazione di una conferenza paritetica interistituzionale che stopperebbe ancora la realizzazione del progetto curato dalla Rimigliano Srl. Progetto molto contestato dai comitati e che prevede la realizzazione di un albergo da 75 camere, 120 appartamenti e di un’azienda agricola (già tornata a funzionare) all’interno della tenuta.

Ma cos’è questa conferenza interistituzionale? È la sede in cui la Regione impugna gli atti del Comune. Una sede di conflitto in cui verrebbe contestata la legittimità di alcune parti della variante: 1) Il decollo e atterraggio di volumetrie da un podere all’altro, che secondo la Regione rischia di stravolgere il contesto originario; 2) alcuni annessi agricoli che il Comune avrebbe calcolato come volumi edificabili. Se la Regione attivasse questa conferenza, il progetto della Rimigliano srl rischierebbe di essere ridimensionato.

Ma proviamo ad analizzare, carte alla mano, il progetto. Quello nuovo, perché la Rimigliano srl è una società privata che nel 2004 ha investito 30,5 milioni di euro comprando la tenuta all’asta fallimentare della Parmalat. E acquisendo la possibilità di edificare all’interno di quello che era una sorta di parco agricolo, perché quella possibilità era stata concessa dal Comune nel ’97 a Calisto Tanzi.

Partiamo allora da lontano per spiegare cosa si vorrebbe fare a Rimigliano. E cosa Tanzi, se non fosse fallito, avrebbe fatto. Il costruttore Maurizio Berrighi, socio della Rimigliano srl spiega: «Parmalat prevedeva un albergo da 15.500 mq (260 appartamenti). Prevedeva altri 28 ettari destinati al residenziale e un parcheggio multipiano con un ponte di collegamento». Nelle vecchie carte Parmalat ci sono campi da calcio, da volley, di ogni sport possibile e c’è pure un centro congressi (da 3 mila posti). In tutto, 30.500 mq di cemento, su un totale di 58 ettari. «Noi di suolo non ne consumiamo. Tra recupero—dice Berrighi— e ristrutturazioni, su un totale di 560 ettari ne occuperemo 8 (16.600 mq di cui 3.400 al momento destinati all’agricolo). Compreso l’albergo da 75 camere, le residenze che vogliamo vendere e l’azienda agricola che nel 2005 abbiamo riaperto dopo anni».

Ecco, il punto è questo: il progetto della Rimigliano srl riuscirà a conservare e rilanciare il potenziale agricolo della tenuta? Per i comitati no.
Dice l’urbanista Massimo Zucconi, ex presidente della società parchi Val di Cornia: «Per mantenere vivo l’aspetto rurale è opportuna una integrazione con il reddito che deriva da attività turistico ricettive. Ma questa prospettiva non è quella contenuta in questo piano. Sarà un’operazione immobiliare classica. Bisognava invece fare una grande azienda agrituristica. Io ho proposto un patto tra enti locali e privati: l’albergo, in tempi celeri e certi, costruiamolo fuori dalla tenuta».

Per Berrighi, invece, proprio l’albergo potrebbe mantenere in vita un’azienda agricola che perde ogni anno 150 mila euro. E sta tirando avanti con i fondi comunitari che nel 2013 non ci saranno più e con i soldi dei soci della Rimigliano srl che «in sette anni di immobilismo hanno già perso oltre 4 milioni—dice il costruttore—Comunque, senza l’albergo l’azienda agricola non potrebbe sopravvivere. Noi vogliamo che chi viene a Rimigliano resti a Rimigliano. Vada a caccia, a cavallo, si muova solo con mezzi elettrici, abbia tutti i comfort senza snaturare la tenuta. Abbiamo fatto il meglio possibile. E a chi dice che sono stati calcolati nei volumi riutilizzabili le conigliere dico che si demoliranno gli annessi agricoli che non servono all’agricoltura e che abbiamo assorbito quanto consentito dal piano regolatore (del ’98, ndr) di San Vincenzo».

La società vorrebbe cominciare i lavori a primavera e ha pronto un investimento di altri 75 milioni. I privati sono convinti di avere fatto tutto al meglio. «E io — dice Zucconi, da qualche anno uscito dal Pd — non ce l’ho con loro. Ma con le amministrazioni che si sono succedute. Rimigliano in passato doveva diventare addirittura un parco agricolo. Un atto che il Comune non ha mai messo in pratica. Nonostante non siano mancate le occasioni».

Alessio Gaggioli
Corriere Fiorentino 2.10.2011

L’intervista Massimo Morisi: «Pd, solito errore: Teme il dissenso invece del piano»
Il professor Massimo Morisi venerdì sera era a San Vincenzo, all’assemblea cittadina organizzata dal Comune a tre giorni dal voto del Consiglio comunale. Morisi è il garante regionale della comunicazione del governo del territorio. È uno dei collaboratori più stretti dell’assessore all’urbanistica Anna Marson.

Che idea si è fatta del caso Rimigliano?
«È un luogo di una valenza simbolica e identitaria molto forte, forse uno degli ultimi luoghi della Toscana in cui la costa e il mare, la duna e l’agricoltura retrostante stanno insieme. Un luogo di una bellezza difficile perché è legata alla sua “solitudine”. In questo contesto, la discussione pubblica accesa è giusta. È una grande questione culturale per la Toscana. Se non si capisce questo, si limita tutto ad una sterile battaglia tra comitati e comitatini. Come vogliamo affrontare le sfide dei paesaggi più preziosi e identitari come Rimigliano, dove invece si sono incrociate storie immobiliari e finanziarie non particolarmentenobili e fortunate? Una volta appuratoche il piano Tanzi era un disastro, il Comune potevaintraprendere una scelta innovativa: azzeraretutto. Si è preferito mitigare il danno. Ma il punto è il peccato originale della sinistra. Lo ius edificandi è un problema irrisolto. Per la sinistra italiana comprare un terreno significa prima o poi costruire».

E quindi ci vuole coraggio. Anche da parte dei piccoli Comuni…
«Si perché a monte c’è anche la questione strategica del perché lo faccio. A Rimigliano non c’è stata partecipazione, la preoccupazione è stata quella di contenere il dissenso e non stravolgere il piano. Ne parlavo con Claudio Martini qualche tempo fa: il problema è del Pd. La sua credibilità è sufficiente a sostituire un percorso partecipato e democratico?».

La Regione è soddisfatta di quanto fatto su Rimigliano?
«Non è affatto soddisfatta. Il problema è troppo rilevante per poter essere trattato con meri adempimenti formali. La Regione ha fatto una osservazione penetrante: il fatto che una serie di edifici sparsi per il territorio della tenuta siano effettivamente riqualificabili. Che sia cioè accettabile che le porcilaie possano essere considerate surrogati di edifici, perché non si può pensare che l’intera operazione si regga su un condono camuffato. Il problema il Comune ce l’ha presente. Il Consiglio comunale lunedì dovrà dare una risposta formale e definitiva».

La Regione ora può solo assistere? La partita con il voto di lunedì si chiude?
«No. Possiamo attivare la conferenza paritetica interistituzionale. Lo possono fare i cittadini e la stessa Regione. È uno strumento importante, che va visto in chiave di prevenzione del conflitto tra livelli di governo, ma anche di un miglioramento di scelte progettuali complicate».
A.Gag.

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