Un altro ecomostro divide San Vincenzo

Per alcuni, dopo quello del bosco dei Lecci, c’è ormai un altro “ecomostro” a San Vincenzo. Per tutti, certamente, è una struttura che nuoce all’immagine del paese. E adesso lo è anche per alcuni consiglieri di maggioranza. È lo stabilimento balneare “Bahiahybe” di via del Tirreno, vicino agli effluvi del Fosso delle Prigioni sull’ultima spiaggia libera del centro.

Lo scheletro d’acciaio e cemento è lì, fermo, dal 2007, con bar funzionante e concessione balneare per sdraio e ombrelloni. La Acquachiara srl ha vinto un bando pubblico nel 2001, ma le vicende giudiziarie ne hanno bloccato la costruzione. I condomini dell’edificio antistante lo stabilimento, che non godono più della vista del mare e delle isole, hanno fatto vari ricorsi contro questa nuova costruzione e sono decisi a proseguire la battaglia.

Struttura da demolire? Le posizioni delle due parti in causa sono chiaramente opposte. In mezzo c’è il Comune. Per Andrea Filippi, dirigente dell’area servizi per il territorio del Comune, non si deve demolire niente. Anzi, secondo lui i lavori si sbloccheranno entro la fine dell’anno. «Il Tar – dice Filippi – ha definito inoppugnabile il primo permesso di costruire, annullando solo un progetto di variante su parere della Soprintendenza. La proprietà avrebbe potuto anche proseguire la costruzione, ma ha preferito presentare una nuova variante, in cui non ci sono più il parapetto né il tetto. Nessuno, quindi, dice di demolire qualcosa. Credo che entro la fine dell’anno – conclude – i lavori si sbloccheranno».

Non è d’accordo con Filippi il noto architetto sanvincenzino Massimo Cionini, uno dei ricorrenti. «Noi stiamo facendo – dice Cionini – un altro ricorso sulla nuova autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune, basata su un parere già annullato dal Tar. Qualsiasi altro progetto deve accordarsi con la sentenza, che dice di abbassare di un metro l’altezza dello stabilimento, oltre a varie altre cose. Andremo avanti all’infinito, perché questo stabilimento è un atto di violenza al territorio, ai cittadini e a noi inquilini. Con gli 8.000 euro di rimborso delle spese legali avuti dal Comune, dalla proprietà e dalla Soprintendenza, frutto dell’ultima sentenza vinta, ci potremmo pagare almeno altri due o tre ricorsi. L’immagine di quella struttura nuoce a San Vincenzo. Perché non buttarla giù e ricostruirla in legno, anche di 100 metri quadrati, sulla curva di via del Tirreno? Auspico – conclude – una soluzione politica della vicenda, perché è giunta l’ora che qualcuno si prenda la responsabilità di dire che è stato commesso un errore, e che vi si ponga rimedio».

E la vicenda dello stabilimento, aldilà dei contenuti tecnici, è diventata davvero un caso politico, con l’intervento del consigliere di maggioranza Antonio Russo, che fa eco ed amplifica i pareri esternati dopo l’ultimo consiglio comunale dagli altri due consiglieri di maggioranza Rosaria Lombardo e Riccardo Giommetti, che hanno considerato lo stabilimento balneare un’immagine negativa per San Vincenzo.
«Tutti – dice Russo – si lamentano di quello stabilimento, dai turisti ai residenti. E’ un ecomostro, che non appartiene all’immagine di San Vincenzo. Ma è tutta la zona che necessita di una forte riqualificazione. Il Fosso delle Prigioni è da anni in condizioni pessime. Ovvio che sarebbe meglio una struttura in legno, più bella e caratteristica. Bisogna cercare, ad un tavolo politico, la soluzione della vicenda».
PAOLO FEDERIGHI – Il Tirreno 20.11.2011

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