Un nuovo pericolo per le colline di Campiglia

Lettera inviata dal Comitato per Campiglia al Presidente della Regione Toscana, al Al Presidente della Provincia di Livorno, al Al Sindaco del Comune di Piombino e alla Soprintendenza per i Beni Artistici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le provincie di Pisa e Livorno:

Oggetto: Il nuovo porto di Piombino: Cave e T.A.P.

Il nuovo porto di Piombino sembra dover nascere basandosi su scelte preoccupanti per l’assetto paesaggistico di tutta la Val di Cornia.

È infatti giunta notizia che per il materiale da utilizzare ci si servirà esclusivamente di blocchi di calcare estratti dalle cave esistenti nel Campigliese.

Questo tipo di scelta verrebbe fatta a prescindere dal fatto che a Piombino esiste l’impianto T.A.P. in grado di produrre con le scorie delle acciaierie, il CONGLOMIX e con questo i tetrapodi che possono sostituire l’uso di roccia vergine.

conglomixPare però che la Soprintendenza di Pisa e Livorno abbia espresso parere contrario all’uso dei tetrapodi perché paesaggisticamente incompatibili.

Questa valutazione fa sorgere la domanda se togliere alcuni milioni di metri cubi di roccia (si parla di mc. 2.500.000) sia paesaggisticamente meno impattante dell’uso dei tetrapodi che almeno utilizzano quasi esclusivamente scorie .

Un’altra domanda è il senso di avere realizzato (in 13 anni e con una spesa di quasi €10.000.000 di soldi pubblici)  un impianto di trattamento scorie quando, alla prima occasione di una importante commessa, viene esclusa in partenza la possibilità di incrementarne il riuso  e ridurre così la distruzione di un bene non rinnovabile.

Questa scelta comporterà:

Campiglia cave– l’aggravarsi della criticità del tema cave che compromettendo  altre attività, come il turismo, limiterà le potenzialità della Val di Cornia;

maggiori costi per la riconversione dell’impianto T.A.P. per trattare altri rifiuti al posto delle scorie il cui trasferimento come rifiuti speciali è costato fino ad oggi alle acciaierie €/tn 21,00 (più del doppio del costo della roccia vergine in cava);

– infine la impossibilità di potenziare subito l’impianto di riuso delle scorie aumentando il numero degli addetti.

Ci si chiede infine se nella realizzazione del porto è stata rispettata la norma vigente circa l’obbligo di impiegare almeno per il 30%, materiali di recupero.

Di fronte a tutte queste domande il Comitato per Campiglia chiede alla Soprintendenza, agli uffici di progettazione, agli amministratori tutti di dare risposte precise e in particolare, se quanto si dice è confermato, di rivedere il parere sull’uso dei materiali di recupero senza trincerarsi dietro la parola “emergenza”, valutando eventuali soluzioni miste che risparmino le colline del Campigliese dimostrando così che le buone intenzioni,  sempre sbandierate sul riuso dei materiali, si possono trasformare  in realtà.

Campiglia  Marittima 2 Febbraio 2014

Comitato per Campiglia

Sulla stampa:

CAMPIGLIA IL COMITATO È PREOCCUPATO E LANCIA UN GRIDO DALL’ALLARME PER IL PAESAGGIO
«Le scorie bocciate, le cave no» L’accusa: «Per il nuovo porto vogliono usare la roccia dei nostri monti»

Preoccupa il Comitato per Campiglia il progetto del nuovo porto di Piombino che prevede l’uso dei materiali delle cave. E così ha elencato dubbi e perplessità alla Soprintendenza per i beni paesaggistici, al presidente della Regione Toscana, della Provincia e al sindaco di Piombino. «Il nuovo porto sembra dover nascere basandosi su scelte preoccupanti per l’assetto paesaggistico di tutta la Val di Cornia. È infatti giunta notizia che per il materiale da utilizzare ci si servirà esclusivamente di blocchi di calcare estratti dalle cave esistenti nel campigliese — incalza il Comitato — questo tipo di scelta verrebbe fatta a prescindere dal fatto che a Piombino esiste l’impianto Tap in grado di produrre con le scorie delle acciaierie, il conglomix e con questo i tetrapodi che possono sostituire l’uso di roccia vergine. Pare però che la Soprintendenza di Pisa e Livorno abbia espresso parere contrario all’uso dei tetrapodi perché paesaggisticamente incompatibili. Questa valutazione fa sorgere la domanda se togliere alcuni milioni di metri cubi di roccia (si parla di mc. 2.500.000) sia paesaggisticamente meno impattante dell’uso dei tetrapodi che almeno utilizzano quasi esclusivamente scorie».

«Un’altra domanda è il senso di avere realizzato (in 13 anni e con una spesa di quasi 10.000.000 di euro, soldi pubblici) un impianto di trattamento scorie quando, alla prima occasione di una importante commessa, viene esclusa in partenza la possibilità di incrementarne il riuso e ridurre così la distruzione di un bene non rinnovabile. Questa scelta comporterà – spiega il Comitato – l’aggravarsi della criticità del tema cave che compromettendo altre attività, come il turismo, limiterà le potenzialità della Val di Cornia; maggiori costi per la riconversione dell’impianto Tap per trattare altri rifiuti al posto delle scorie il cui trasferimento come rifiuti speciali è costato fino ad oggi alle acciaierie euro/tn 21,00 (più del doppio del costo della roccia vergine in cava); infine la impossibilità di potenziare subito l’impianto di riuso delle scorie aumentando il numero degli addetti.

«Ci si chiede infine se nella realizzazione del porto è stata rispettata la norma vigente circa l’obbligo di impiegare almeno per il 30%, materiali di recupero. Di fronte a tutte queste domande il Comitato per Campiglia chiede alla Soprintendenza, agli uffici di progettazione, agli amministratori tutti di dare risposte precise e in particolare, se quanto si dice è confermato, di rivedere il parere sull’uso dei materiali di recupero senza trincerarsi dietro la parola “emergenza”, valutando eventuali soluzioni miste che risparmino le colline del campigliese dimostrando così che le buone intenzioni, sempre sbandierate sul riuso dei materiali, si possono trasformare in realtà».

La Nazione 4.2.2014