Ztl di Venturina: lettera bomba di Gianluca Camerini su Facebook

Identità vs anonimato: lettera aperta al sindaco di Campiglia Marittima

Cara Rossana, ti conosco quanto basta da sapere che sei una persona onesta che crede in quello che fa e sono certo che anche tu pensi la stessa cosa di me. Per onorare questa stima reciproca, sarò franco con te, come del resto sono sempre stato.

Credo che i commercianti del centro abbiano ragione a non condividere il progetto di riqualificazione della ZTL. Per te è una delle tante grane che il tuo ruolo istituzionale prevede, per me è oggetto di discussione storica, per gli altri cittadini è fonte di semplice curiosità, ma per alcuni di loro è davvero una questione di vita o di morte.

In un momento difficile come questo, dopo un decennio di crisi economica che sembra non finire mai, è normale che la gente abbia paura di tutto ciò che potrebbe recare un danno alla propria attività. Dimenticando le implicazioni prettamente culturali della faccenda (e tu sai quanto per me sia difficile farlo), non si può fare a meno di notare che le dimensioni delle imponenti strutture di sostegno per i rampicanti sono evidentemente esagerate rispetto agli spazi circostanti. Non sono quindi infondate le preoccupazioni di quei commercianti che vedranno sparire la propria insegna o la vetrina del loro negozio dietro a quella montagna di verde, così come non lo sono quelle degli ambulanti che perderanno il posto.

Per creare zone d’ombra con sedute sottostanti, sarebbe stato meglio valutare altre soluzioni meno invasive. Per questo ti chiedo di compiere un gesto di buon senso e ridurre, finché siamo ancora in tempo, la presenza di queste strutture, diminuendone inoltre l’altezza al minimo indispensabile. Un errore di valutazione in fase di progetto ci può stare, l’importante però è rendersene conto e cercare di rimediare fin quando è possibile.

Ora però torno a bomba. Il discorso è sempre lo stesso: identità culturale sì, identità culturale no. Di solito i sindaci e le amministrazioni comunali sono ben contenti all’idea di valorizzare l’identità culturale della loro comunità, se non altro perché questo contribuisce a incentivare il turismo e la vendita dei prodotti tipici locali. La cultura quindi non serve solo a produrre libri, che per qualcuno sono inutili, ma a far arrivare gente che poi compra vino, olio, formaggio, prodotti di artigianato, ecc. ecc. Siccome però l’identità è un concetto astratto, lo sforzo da fare è quello di rappresentarla attraverso dei simboli.

I viticultori, tanto per fare un esempio, sono soliti scegliere per i loro vini nomi tipicamente locali, perché sanno che quei prodotti saranno più facilmente riconoscibili sul mercato rispetto ad altri più anonimi. L’anonimato infatti è l’esatto contrario dell’identità. Se non sei riconoscibile, di fatto non esisti. Le persone sono tutte diverse, ognuna ha caratteristiche uniche che, messe insieme, ne definiscono l’identità. Per i luoghi è la stessa cosa, con la differenza però che, per comprenderne gli aspetti più caratteristici, occorre quasi sempre partire dalla loro storia. Quando non lo si fa, si scivola inevitabilmente nell’anonimato.

Ma quali sono i simboli in grado di trasmettere l’identità di un paese? Un edificio caratteristico, un personaggio, un fatto storico, un prodotto tipico, un monumento, un’opera d’arte. In pratica, volendo semplificare il concetto al massimo, tutte quelle cose con le quali si potrebbero fabbricare souvenir per i turisti. Di certo nel nostro comune non abbiamo il Duomo di Milano e nemmeno il David di Michelangelo, ma questo non significa che non esistano simboli culturali da mettere in mostra per i visitatori.

Campiglia, rispetto a Venturina, parte avvantaggiata, ma solo perché la sua antichità ne rende più evidenti, agli occhi di tutti, alcuni elementi caratteristici. Questo non significa però che Venturina abbia potenzialità minori rispetto al capoluogo. Abbiamo molti più simboli di quanto si possa immaginare: Venturino da Populonia, Antonio Giovannetti e la sua antica locanda, la grande madre Aurelia, Caldana e le sue terme, la Pulledraia granducale, la Fossa calda con i mulini, la Maremma, la civiltà contadina e altro ancora. Tutte cose che sappiamo noi, ma che non abbiamo ancora trasformato in simboli visibili ai turisti.

Per questo Rossana mi scaldo un po’ quando vedo realizzare progetti senza alcun senso che, invece di far leva sulla nostra storia, sembrano piovuti da Marte. Ci vorrebbe così poco a fare qualcosa di caratteristico per far apprezzare il nostro amato paese. Se vogliamo davvero crescere, dobbiamo smetterla di fare le cose a caso. Abbiamo tutte le competenze necessarie per fare la nostra figura.

Bolgheri, Nonna Lucia

San Vincenzo, il Marinaio

Hai visto cosa hanno fatto a San Vincenzo? La statua del marinaio è già diventata un simbolo, e non perché l’ha fatta Talani ma perché, da grande artista e amante del suo paese, è riuscito a coglierne l’essenza. Non importa fare un colosso come quello, la modestissima nonna Lucia di Bolgheri è un altro grande simbolo culturale per quel territorio. Se avessero eretto una statua al Carducci sarebbe stata infinitamente meno efficace di quella.

Ho letto che il muro della Fiera di Venturina sarà presto affrescato. Per evitare che venga fatto un altro pacchiano errore, ti invito a valutare insieme, attentamente, che cosa sia più giusto rappresentare su quel muro. Da anni la tua amministrazione porta avanti una bella e fruttuosa collaborazione con l’Accademia di Firenze, che ha prodotto gli affreschi realizzati sul muro della scuola materna di Venturina e i medaglioni con i ritratti di alcuni personaggi legati ai nomi delle vie di Campiglia. Quest’ultimo lavoro è senz’altro il migliore, perché oltre ad abbellire rispetta e valorizza il contesto storico del luogo. Le opere sulla scuola materna, soprattutto quella più grande, volendolo, avrebbero potuto raffigurare anche elementi reali del nostro paesaggio, pur mantenendo gli aspetti fiabeschi. Tuttavia, essendo destinata principalmente ai bambini, in quel contesto non stona ed è gradevolissima.

Molto grave e diverso sarebbe invece scegliere un soggetto sbagliato per il muro della Fiera Mostra, uno dei luoghi simbolo della nostra identità. Non so quali siano i programmi, ma ho sentito dire che si tratterebbe di realizzarvi ritratti di donne. Mi rendo conto che “a caval donato” è sempre difficile guardare in bocca, questa volta però dobbiamo fare una riflessione seria prima di mettere mano ai pennelli, perché un’altra scelta casuale significherebbe rendere anonimo uno dei luoghi più caratteristici del paese.

L’idea di base è buona, perché l’efficacia comunicativa di affreschi e murales è utilizzata con successo da anni in molti altri luoghi d’Italia. Penso in particolare a quelli della Sardegna che sono diventati una vera e propria icona della cultura di quella regione. Il muro della Fiera Mostra, fino a quando resterà in piedi, merita quindi di essere dipinto con scene e soggetti che si rifanno al nostro passato agricolo, in sintonia con la storia di quell’area fieristica, e se proprio vogliamo parlare di ritratti, la prima persona che meriterebbe di esservi raffigurata è Coraldo Cavicchi.

Spero di esserti stato utile, se hai bisogno sono qui.

Gianluca Camerini